Non è facile, senza essere sul posto, avere informazioni precise sull’andamento dell’offensiva lanciata nei giorni scorsi dall’esercito siriano, con l’appoggio di combattenti sciiti libanesi di Hezbollah e di volontari iraniani, per riprendere il controllo del sud del Paese finito, in parte, lo scorso autunno nelle mani dei qaedisti di al Nusra e della galassia di formazioni islamiste include nel cosiddetto Fronte Meridionale. È una battaglia decisiva, almeno quanto quella del 2013 che a Qusair, vicino al confine con il Libano, vide le forze governative (anche in quel caso con l’aiuto decisivo Hezbollah) avere la meglio in un’area strategica dopo mesi di violenti scontri con miliziani di al Nusra e dell’Esercito siriano libero (il braccio armato della Coalizione dell’Opposizione finanziata dall’Occidente e dalle petromonarchie del Golfo). Il suo esito interessa, e non poco, anche a Israele che negli ultimi due anni ha colpito in Siria divers volte ma solo postazioni militari e convogli governativi. Allo stesso tempo non ha neppure sfiorato le milizie anti Bashar Assad con le quali nell’area del Golan ha stabilito canali di comunicazione e offerto “aiuti umanitari”, oltre ad aver curato nei suoi ospedali centinaia di siriani feriti, tra i quali miliziani dell’Esl e, con ogni probabilità, anche di al Nusra.

 

Negli ultimi tempi, dopo il raid aereo israeliano del mese scorso a ridosso del Golan, in cui sono morti alcuni importanti ufficiali di Hezbollah e un generale iraniano (il movimento sciita ha risposto uccidendo sul confine israelo-libanese due soldati dello Stato ebraico), il premier Netanyahu ha più volte accusato la Siria di avere dato carta bianca al movimento sciita libanese e all’Iran, intenzionati a creare loro postazioni ai piedi delle Alture del Golan. Per l’analista militare israeliano Amir Rapaport, «il governo Netanyahu vuole impedire che Tehran e Hezbollah possano arrivare a ridosso del Golan». Allo stesso tempo – aggiunge Rapaport – «non desidera la caduta del regime di Damasco poichè gli esiti potrebbero essere imprevedibili e dare campo libero ai jihadisti dell’Isis». L’analista non si sbilancia oltre ma nei disegni di Netanyahu sembrano esserci un governo centrale siriano debole ma non al punto da crollare e le regioni meridionali della Siria nelle mani di ribelli (alleati di Israele), in modo da allontanare sine die la possibilità di un negoziato per la restituzione del Golan occupato e colonizzato. Il portale mediorientale “al Monitor”, al quale collaborano numerosi giornalisti e analisti israeliani, riferiva qualche giorno fa di dichiarazioni di “ribelli” a conferma della collaborazione con lo Stato ebraico. Nei mesi scorsi Israele non ha fornito armi, ha scritto “al Monitor”, ma ha consegnato alle milizie dell’opposizione sistemi sofisticati di comunicazione e sorveglianza che, di fatto, hanno aiutato al Nusra e il Fronte Meridionale a catturare Quneitra e altri importanti villaggi e centri abitati della zona.

 

Riconquistare la città di Deraa, Quneitra e il resto del sud, ha una importanza vitale per Damasco. In quella parte del Paese al Nusra, l’Esl e decine di altri gruppi, grazie ai rifornimenti, anche di armi, che passano dalla frontiera con la Giordania – Amman nel nord della Siria bombarda (almeno in apparenza) lo Stato Islamico e nella parte meridionale invece lascia transitare gli aiuti per i qaedisti e i loro alleati -, preparano l’avanzata che dovrebbe portare la guerra di nuovo a ridosso di Damasco che dista poche decine di chilometri. Le forze governative sanno che se riavranno il controllo del sud del paese potranno anche interrompere il flusso di rifornimenti per i miliziani di Jaish al Islam che dalla zona di al Ghouta tengono sotto pressione la capitale, anche con lanci di razzi. Come stiano andando i combattimenti che hanno già fatto decine se non centinaia di morti, anche tra le truppe regolari, è difficile accertarlo. I resoconti delle due parti in lotta sono opposti. Quelli governativi parlano di riconquista di gran parte dell’autostrada Damasco-Deraa e dei villaggi di Deir al-Adas, Deir Maker, al-Danaji, Tal Mehri, Tal al-Sayyad, Tal al-Arous. Il generale iraniano Qassem Suleimani, comandante delle forze speciali “Al Quds” delle Guardie della Rivoluzione, ha parlato di vittoria “vicina”. L’opposizione nega e attraverso i suoi giornali afferma che l’offensiva dell’esercito è stata bloccata e riferisce dell’uccisione di molte decine di soldati e combattenti iraniani e di Hezbollah.