L’esercito francese ancora una volta nel mirino in Mali. Sei soldati della forza anti-jihadista Barkhane sono stati feriti questo venerdì da un attentato suicida: il terzo attacco dall’uccisione di 5 militari francesi a fine dicembre. «Nell’area dei “tre confini”, tra Mali, Niger, Burkina Faso, un veicolo si è diretto ad alta velocità verso la parte posteriore di un convoglio in servizio con i soldati del Mali, per poi farsi esplodere, ferendo in maniera poco grave sei nostri militari» recita il comunicato dell’Eliseo.

RESTANO FORTI LE TENSIONI nel paese dove da una parte si sono registrate intense attività militari delle formazioni jihadiste presenti in quell’area – lo Stato Islamico del Gran Sahara (Eigs) e il Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Jnim), affiliato ad Al-Qaeda – e dall’altra sono ancora vive le polemiche nei confronti del governo di Bamako e della missione Barkhane, dopo il bombardamento di domenica scorsa nel villaggio di Bounti (Mali centrale) che ha causato «la morte di 18 civili durante una cerimonia di matrimonio».

I pochi dettagli forniti dalle forze francesi nei giorni successivi, insieme all’iniziale silenzio da parte del governo di transizione maliano, hanno lasciato campo aperto a numerose accuse nei confronti dei francesi che conducevano un’azione militare congiunta insieme alle forze armate maliane (Fama).Parigi afferma di «aver condotto un’operazione aerea nella zona di Hombori, vicino al villaggio di Bounti, pianificata in precedenza da una missione di intelligence sul terreno, che ha colpito almeno 40 miliziani jihadisti della Katiba Serma, affiliata allo Jnim». Il ministro della difesa maliano, Brema Ely Dicko, conferma. Al contrario gli abitanti del villaggio, così come l’associazione per la difesa del gruppo etnico Peul, Jeunesse Tabital Pulaaku-Mali, hanno ribadito di «essere stati presi di mira da un elicottero che ha causato la morte di 18 civili durante un matrimonio».

LA COMMISSIONE NAZIONALE dei Diritti dell’uomo (Cndh) condanna e chiede un’indagine credibile, imparziale e indipendente». Proprio ieri il Cndh, insieme al Movimento 5 Giugno–Rfp (principale rappresentanza politica che unisce diversi gruppi della società civile e religiosa) ha richiesto al governo di transizione di «tutelare la salvaguardia di tutti i cittadini maliani e di condurre un’indagine veritiera, senza influenze da parte di governi stranieri, per il bene dei suoi cittadini».
Se un’indagine dovrà stabilire la verità, l’immagine dell’operazione Barkhane si è nuovamente deteriorata in Mali dopo le proteste del gennaio 2020) quando la popolazione maliana chiedeva «il ritiro delle truppe francesi, venute a fare solo gli interessi economici di Parigi».

MENTRE GLI SPECIALISTI concordano sul fatto che il coinvolgimento francese nella regione debba continuare, alcuni ritengono che sia necessario un cambiamento di rotta. Secondo Seydik Abba, giornalista francese ed esperto di Sahel, intervenuto a France24, «l’operazione Barkhane è incentrata sull’antiterrorismo, tuttavia sta fallendo perché non tiene conto dell’evoluzione della situazione e delle complesse questioni regionali, come quelle comunitarie».
«Non abbiamo bisogno di una leadership francese, ma di un lavoro di lotta reciproco, soprattutto per quanto riguarda la nostra mancanza di fondi, attrezzature e formazione per contrastare la minaccia jihadista in tutta l’area» ha dichiarato al riguardo il presidente del M5-RFP, Choguel Maiga, all’agenzia Afp.