In Ucraina proseguono le guerre simmetriche. La prima è quella che si combatte sul campo, nell’est del paese, tra le forze di Kiev e gli insorti filorussi. Le ultime dal fronte dicono che l’esercito ucraino ha preso il controllo di Andriivka, cittadina appena a nord di Donetsk. È doppiamente strategica. Da una parte spiana la strada verso Donetsk, dall’altra è sede della più grande fabbrica di carbone del paese.

Appartiene a Rinat Akhmetov, il più ricco degli oligarchi. Nei giorni scorsi, dati gli scontri, ne ha fermato la produzione. Non è così fantasioso pensare che Kiev abbia liberato Andriivka per ridare linfa alla fabbrica del tycoon, che dopo essere stato il grande finanziatore del regime Yanukovich ha scelto di stare con il nuovo potere di Kiev.
L’avanzata delle forze ucraine non si è limitata alla sola Andriivka. Anche i centri di Shakhtarsk e Torez, sempre a ridosso di Donetsk, sono stati liberati. Così come Lutuhyne, nei pressi di Lugansk, dove si concentra l’altra grande sacca di resistenza filorussa. C’è sempre più aria d’assedio finale.

Intanto Human Rights ha denunciato che Kiev, nell’offensiva, starebbe lanciando missili Grad su aree periferiche di Donetsk abitate da civili. Ma anche i ribelli filorussi, riferisce la stessa organizzazione, starebbero usando la stessa arma. Il conflitto è sempre più violento, nessuno fa sconti a nessuno e i combattimenti impediscono tra le altre cose l’accesso all’area dove è precipitato il Boeing malese.
L’occidente crede che siano stati i ribelli filorussi a buttarlo giù e che la Russia, fornendo loro assistenza militare, sia la principale responsabile del disastro. È sulla base di questa tesi che Bruxelles ha deciso di varare le prime, vere sanzioni di rilievo nei confronti del Cremlino. Qui veniamo al secondo fronte: quello economico.
Il Wall Street Journal stima che l’impatto della misure europee, che toccano finanza, energia e armi, non sarà così devastante. Le controllate delle banche russe in Europa non sono interessate dal pacchetto. Sul piano delle armi s’è fatto in modo che la consegna alla Russia di due portaerei Mistral manufatte in Francia non vada in fumo. Stessa musica sulla tecnologia, che la Germania esporta in grande quantità verso la Russia: le sanzioni non saranno così limitanti. Mentre il comparto del gas non verrà proprio messo in discussione. Non ancora.

La reazione di Mosca alle sanzioni è apparsa tutto sommato blanda. Il governo russo ha minacciato di ritoccare al rialzo le tariffe dell’energia e approvato un embargo su verdura frutta polacche, con la possibilità di estenderlo a tutto il resto dell’Ue. Ma questo muro commerciale non è drammatico, se è vero che il peso dei prodotti alimentari – di cui frutta e verdura sono solo una piccola quota – equivale al 7% di tutto quello che Mosca compra dall’Europa.

In generale pare che i contendenti stiano cercando di evitare lo scontro totale. Il che non significa che lo scenario della guerra economica – a cui s’aggiunge la recente notizia del maxi risarcimento da oltre 50 miliardi di dollari che Mosca è tenuta a dare agli azionisti di Yukos – non possa peggiorare progressivamente nel caso in cui in Ucraina e sull’Ucraina non si trovi una quadratura che faccia tacere le armi e aprire i negoziati sulla stabilizzazione del paese.

A questo proposito bisognerà vedere cosa intende fare Putin con i ribelli filorussi. Li scaricherà o continuerà a sostenere la loro causa, nell’uno o nell’altro modo? Decisivo sarà inoltre quanto avverrà a Kiev a livello di esercizio del potere. Oggi il parlamento si riunisce. Esaminerà le dimissioni del primo ministro Arseniy Yatseniuk, giunte dopo il ritiro dell’appoggio a lui precedentemente accordato dagli ultranazionalisti di Svoboda e da Udar, il partito dell’ex pugile Vitali Klitschko, vicino a Poroshenko, ma senza portafogli ministeriali.

Si va verso il voto anticipato, con Poroshenko che a sentire gli analisti sta cercando di blindare il suo potere (magari con la sponda di tutti i grandi oligarchi) e guidare così il paese, che sta implodendo economicamente anche a causa degli sforzi bellici, senza troppe mediazioni e i condizionamenti dei gruppi radicali. Ma sarà davvero così?