Sono 11 le vittime dei razzi «Uragan» con cui mercoledì le truppe ucraine avevano salutato l’inizio dell’anno scolastico a Donetsk. E ieri un cittadino svizzero di 38 anni, Laurent Etienn, operatore della Croce rossa, è rimasto ucciso per lo scoppio di un ordigno. La città è rimasta fino a sera sotto i tiri d’artiglieria provenienti dall’aeroporto dove, accerchiati dalle milizie, sono asserragliati i parà governativi.

Anche se ieri è stata la zona industriale a essere più colpita, sono i quartieri civili prossimi all’aerostazione a essere bersagliati: dall’ultimo mese, agli obitori di Donetsk affluiscono cadaveri di donne in rapporto di 5 a 1 rispetto ai maschi che, evidentemente, sono per lo più al fronte. Per cercare di sfondare, le milizie fanno ora uso delle artiglierie semoventi «Ghiaznit», fornite loro dai miliziani di Lugansk e con cui questi ultimi il mese scorso avevano strappato alle guardie nazionali l’aeroporto locale.

D’altronde, dalla Ue si fa sapere che la conquista dell’aeroporto da parte delle milizie potrebbe comportare un inasprimento delle sanzioni contro la Russia.

Intanto, le sempre più numerose testimonianze di rappresaglie contro i civili da parte di soldati e neonazisti ucraini, sembrano imbarazzare la pur non tenera Kiev ufficiale: ieri il Ministero degli interni ucraino ha dichiarato prive di fondamento le dichiarazioni del volontario del battaglione «Dnepr» fatto prigioniero nei giorni scorsi, che avrebbe preso parte al massacro di civili nel Donbass. Secondo Kiev, il «Dnepr» non sarebbe stato impegnato nell’area di Lugansk indicata. Comunque sia, si infoltisce il numero di mandati di cattura internazionale spiccati da Mosca contro quelli che la Russia definisce criminali di guerra.

Tra i capi dei battaglioni neonazisti, spicca il nome di Dmitrij Jarosh, leader di «Pravyj sektor», ricercato dall’Interpol su richiesta russa. Ieri è stata la volta del Ministro della Difesa ucraino Valerij Gheletej, contro cui Mosca ha aperto un procedimento penale, cui seguirà un mandato di cattura internazionale. Insieme a Gheletej, rischiano la stessa accusa di genocidio ai danni della popolazione di lingua russa il Capo di stato maggiore Viktor Muzhenko, il comandante della 25° brigata Oleg Mikasa e altri alti ufficiali. Il capo del Dipartimento per i rapporti coi media del Comitato di indagini Vladimir Markin ha dichiarato che «nonostante il cessate il fuoco, nel Donbass ogni giorno muoiono civili.

Tutto ciò avviene o in conseguenza di ordini diretti del Ministro della difesa o con il suo tacito consenso». E Interfax informa che, da parte ucraina, secondo le dichiarazioni del Ministro degli interniAvakov, entro fine anno potrebbe essere emessa la sentenza contro i colpevoli delle azioni che il 2 maggio scorso portarono alla morte 42 persone nell’incendio appiccato alla casa dei sindacati a Odessa. Tra gli accusati, leader delle organizzazioni di destra e alcuni ufficiali di polizia, datisi per tempo alla fuga.

A Mosca intanto, il Ministro per lo sviluppo economico Aleksej Uljukaev, intervenendo ieri al forum «La Russia chiama», dedicato agli investimenti stranieri (tra gli ospiti, Tronchetti Provera) ha definito la situazione «esplosiva». Il principale problema strutturale, ha detto, è costituito dalle uscite, accanto a un’inflazione all’8,1% e una crescita del Pil dello 0,8%; il tutto, in presenza di rischi geopolitici e problemi strutturali, tra i quali ultimi «la politica di controllo delle tariffe per i servizi sui monopoli naturali».

Forse in ragione di ciò, allo stesso forum Putin ha annunciato la privatizzazione del pacchetto statale delle più forti imprese energetiche. Putin non ha escluso l’entrata sul mercato azionario di alcune industrie del complesso militare-industriale: «Non intendiamo lasciare il pacchetto di controllo, ma esaminiamo la possibilità della vendita di alcuni pacchetti», ha detto Putin.