Sono oltre cinquanta, non tutti asintomatici, e coprono tutte le aree geografiche che compongono il puzzle della Serie A, i giocatori positivi per Covid-19 nel calcio italiano. Diciassette al Genoa, quattro all’Inter (pure Nainggolan e Gagliardini), due al Napoli, casi anche all’Atalanta, Fiorentina, Sampdoria. Due al Monza, in Serie B. Alcuni come Ibrahimovic al Milan, risultano ancora contagiati dopo settimane di quarantena.

Appunto, la quarantena. Il Genoa, che ha aperto la sequenza dei contagi recenti, fino a 22 in una settimana, secondo il protocollo sanitario approvato con una circolare del ministero della Salute a giugno con i contagi al minimo, non ha allertato l’Asl: il risultato ha portato alla nascita di un cluster e anche alla sciagurata trasferta a Napoli, quasi due settimane fa, con il virus in circolo tra gli atleti.

Il Napoli invece si trova ancora in isolamento fiduciario – ed è stato oggetto di polemiche per l’assenza degli azzurri nella partita con la Juventus – con ispezione della Figc anche se con un paio di positivi. Alla Juventus (positivo un membro dello staff societario) invece la bolla è durata appena due giorni: in sette si sono allontanati dall’hotel della squadra torinese, alcuni come Ronaldo in nazionale, altri come Buffon a casa. Una vicenda che ha portato la Procura di Torino e pure quella della Federcalcio ad aprire un’inchiesta.

E poi c’è il caso più recente, l’Inter con quattro positivi senza essere piazzata in quarantena. L’intervento dell’Asl si è avuto solo al Napoli, sarebbe servito per il Genoa, meno incisivo per la Juve, inesistente per ora per l’Inter.

Lo scenario è composito e pericoloso, con a rischio il campionato e l’azienda calcio che vale il 7% del Pil italiano: il governo si è tirato fuori, la priorità è la scuola, ha spiegato il ministro della Salute, Roberto Speranza e il ministro dello sport Spadafora tende a non prendere posizioni, con protocollo da rispettare ma che si può riscrivere. Poi, Lega di A e Figc, protette alle spalle di un protocollo inadeguato che non ha mai disciplinato il ruolo delle Regioni e in particolare delle Asl, che invece hanno competenza in termini di tutela della salute pubblica. E si siedono al tavolo delle polemiche anche i calciatori, che contano le positività tra i colleghi ma sono comunque poco propensi a confinarsi in una bolla, tra allenamenti, partite e tamponi, come avvenuto per la Nba, che si è trasferita con 22 squadre per tre mesi a Disneyworld per salvare i conti.

E una prova che il sistema è a un passo dal collasso arriva dal Genoa, con il direttore sportivo, Daniele Faggiano, che apre all’ipotesi per la squadra ligure (ancora 17 positivi su 22) di giocare con la primavera contro il Verona alla ripresa del campionato. Partita incredibilmente ancora non rinviata. Intanto, le decisioni del giudice sportivo sul risultato di Juventus-Napoli e sull’eventuale penalizzazione dei campani per presunte violazioni dell’isolamento fiduciario sono rinviate alla prossima settimana.