«Perché divento irrequieto dopo un mese nello stesso posto, insopportabile dopo due?», si chiedeva Bruce Chatwin, divenuto per molti l’immagine dell’irrequietezza contemporanea; sebbene lui per primo sottolineasse, in tutti i suoi scritti, che la dimensione del viaggio appartiene non alla modernità quanto piuttosto alle culture del passato, in cui i confini nazionali non hanno relegato la cultura del nomadismo nella marginalità; o nel turismo.

CL22742. Description: vers 1520 Note de l'image détail de la partie supérieure gauche Period 16th century, période du Bas Moyen Âge (Europe occidentale) Production site Pays-Bas (Anciens Pays-Bas) (sud) (origine) Technic/Material silk (textile),tapestry (textile),wool (textile) Height: 3.752 m Length: 3.9 m

Nonostante il medioevo si sia visto affibbiare nel tempo l’etichetta di epoca statica, oggi è abbastanza diffusa la cognizione che si è trattato invece di un periodo di mobilità intensa, come dimostra anche la mostra Il medioevo in viaggio (Firenze, Museo del Bargello, fino al 21 giugno, a cura di Ilaria Ciseri) e il catalogo dallo stesso nome che bene la illustra (Giunti, pp.240, euro 32). La cultura medievale trova nello «spostamento» e nello schema etico-allegorico delle scritture che su differenti piani e a diversi livelli ne danno conto – trattati enciclopedici, scritti didascalici, opere mistico-allegoriche, memorie di pellegrinaggio, romanzi d’avventure, relazioni a carattere tecnico-commerciale – un suo punto di riferimento costante, che si fonda sull’analogia tra iter-peregrinatio come esperienza esistenziale e status viatoris dell’uomo in quanto pellegrino che compie il suo percorso della vita verso la Casa del Padre. È la ragione che rende il pellegrinaggio la forma di viaggio privilegiata e maggiormente carica di signficati.
Ma non si percorreva il mondo solo per ragioni religiose. Altre sezioni della mostra ci parlano di viaggiatori per ragioni militari: i crociati – che peraltro con i pellegrini si confondevano fino a sovrapporsi -, i guerrieri nelle spedizioni belliche, i banchieri, i mercanti, gli ambasciatori, ma anche i re e gli imperatori, in un’epoca di corti mobili. Senza dimenticare i predicatori itineranti e i chierici vaganti, nei quali le istanze religiose si intracciavano con quelle dell’apprendimento e dell’insegnamento.

Le grandi mète del pellegrinaggio medievale erano Santiago de Compostela in Galizia (Spagna), Roma, Gerusalemme; esse erano alternate a luoghi secondari, a pellegrinaggi meno importanti o «minori», soprattutto legati alla devozione dell’arcangelo Michele (Mont-saint-Michel in Normandia, la Sacra di San Michele in Val di Susa, Monte Gargano in Puglia) o a quella per la Madonna (Le Puy, Chartres, Rocamadour). I pellegrini erano protetti dalla Chiesa, che colpiva con la scomunica chi li avesse offesi; erano sovente dei penitenti, riconoscibili per la sacca e il bastone da viaggio; e, come segno della loro penitenza e della santità della loro mèta, portavano indosso – sugli abiti e sui copricapi – dei distintivi speciali.

A partire dall’XI-XII secolo, per favorire scambi di ogni tipo, si crearono in tutta Europa mercati periodici o stagionali che si tenevano in varie città di solito nei giorni consacrati alla festa dei santi patroni locali (e per questo, da feria, «festa», prendevano il nome di fiere): la dimensione religiosa si congiungeva così con quella commerciale. Le più famose avevano luogo in sei città della regione franco-orientale della Champagne, dove ogni centro ospitava il mercato per la durata di sei mesi.

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Vi erano poi i grandi empori commerciali marittimi, più importanti di quelli dell’entroterra. Costantinopoli era il centro di smistamento di tutte le merci che venivano dal mar Nero, dal nord (attraverso i fiumi russi, il Don soprattutto, arrivavano le pellicce, il miele, il legname, l’ambra) e soprattutto dal sud e dall’estremo Oriente, aree da cui giungevano i prodotti più pregiati. Altri empori rilevanti erano Antiochia, Alessandria d’Egitto e Damietta sulla foce del Nilo, e Beirut, che era il porto «naturale» della città di Damasco. Damasco a sua volta era il grande emporio a cui arrivano le merci pregiate, soprattutto le spezie, dal centro dell’Asia o dall’Asia estrema.

Ma le spezie potevano anche giungere dall’Asia per via di mare, attraverso l’Oceano Indiano, col favore del clima monsonico che permetteva sviluppi abbastanza rapidi della marina a vela: i monsoni sono venti costanti che, sebbene pericolosi, fanno percorrere grandi distanze in relativamente poco tempo. Attraverso l’Oceano Indiano le flotte cinesi, indiane, arabe portavano le spezie di Giava, di Sumatra, della Malesia fino al Corno d’Africa; e dal Corno d’Africa passavano poi all’Egitto attraverso il Nilo, oppure risalivano il Mar Rosso e in questo caso arrivavano tanto, di nuovo, in Egitto quanto verso la Siria, la Palestina e così via.

In linea con il contenuto che illusta, è bello sapere che la mostra Il medioevo in viaggio è itinerante in Europa: oggi a Firenze, ieri a Colonia e Parigi, domani a Vic. A ricordare come le radici dell’Europa risiedano almeno in parte nella sua curiosità per il mondo, nella voglia di percorrerlo e di conoscerlo, magari al fine di dominarlo. Sono le diverse declinazioni possibili di quella «anatomia dell’irrequietezza» che almeno in passato sembra averci accompagnato e che oggi, segno di una crisi profonda, ci ha abbandonati.