Crisi del tradizionale “neutralismo” di Svezia e Finlandia? È uno dei rischi dell’invasione russa dell’Ucraina. La Svezia ha inviato armi anticarro a Kiev. Armamenti sono stati spediti anche dalla Finlandia. La Svezia per ora non chiede di entrare nella Nato. «Se lo facessimo ora, si destabilizzerebbe ulteriormente questa parte dell’Europa», ha dichiarato in conferenza stampa Magdalena Andersson, premier socialdemocratica.

Secondo un sondaggio commissionato dal quotidiano di orientamento progressista Aftonbladet, il 51% degli svedesi è però favorevole all’ingresso nell’Alleanza atlantico, il 27% contrario, il 22% indeciso. Altri sondaggi indicano che pure in Finlandia cresce la percentuale di chi vorrebbe cambiare politica rispetto a quella sancita nel 1948 da un accordo tra Helsinki e Mosca che esclude l’ingresso della Finlandia nella Nato.
Fino ai governi presieduti da Olof Palme (premier di Stoccolma dal 1969 al 1976 e dal 1982 al 1986) il tradizionale neutralismo svedese (la non partecipazione ai due conflitti mondiali) era stato riconosciuto dalla comunità internazionale soprattutto come esperienza da cui attingere funzionari di talento per le Nazioni unite.

Il leader socialdemocratico Hjalmar Branting ricevette il Premio Nobel per la pace già nel 1921, poi nel secondo dopoguerra furono affidati importanti incarichi dell’Onu a personalità svedesi come Folke Bernadotte, Gunnar Jarring, Jan Eliasson e Rolf Ekéus. E in questa lista spicca il nome di Dag Hammarskjöld, segretario generale dell’Onu dal 1953 al 1961, quando morì in Congo a bordo di un aereo abbattuto dalla contraerea dei secessionisti del Katanga. Hammarskjöld aveva affrontato in precedenza la guerra di Corea nel biennio 1954-1955 e la crisi del Canale di Suez nel 1956.

L’arrivo di Palme alla leadership del governo imprime un’ulteriore svolta alla positiva tradizione svedese. Il neutralismo diventa “attivo”. Il premier di Stoccolma dà un’accelerazione a questa politica a iniziare dal 1975, dopo la Conferenza intergovernativa di Helsinki sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (Csce), nella quale aveva preso posizione a favore della distensione e del graduale superamento dei blocchi guidati da Washington e Mosca.

Palme spezza la tradizione che equiparava il neutralismo all’isolazionismo. Lo fa intensificando prima il suo impegno per il Terzo mondo e la democratizzazione dei paesi europei guidati da dittature fasciste (Spagna, Portogallo, Grecia), poi occupandosi di Sudafrica, Medio oriente, Africa, America latina (visitò Cuba, Cile, Nicaragua).

Questa politica di Palme – va messo in evidenza – non sarebbe stata credibile se non avesse espresso autonomia assoluta dagli Stati Uniti e dall’Unione sovietica. La critica del modello sociale e politico di Washington era puntale, come quella delle società e delle politiche che avevano in Mosca il proprio punto di riferimento. Fin da quando – appena ventiduenne – visitò per la prima volta Praga (dove nel 1949 sposò la studentessa in medicina Jelena Rennerova per aiutarla ad abbandonare il paese d’origine) Palme divenne un critico radicale del “socialismo reale”. Nel 1968 condannò l’invasione della Cecoslovacchia nello stesso modo con cui aveva reagito alla repressione dei moti di Ungheria nel 1956. Lo stesso fece contro l’invasione dell’Afghanistan nel 1980.

Si schierò con uguale nettezza contro la guerra in Vietnam e l’apartheid in Sudafrica. Nel Natale 1972, appresa la notizia del bombardamento della città di Hanoi, rese pubblico un comunicato del governo svedese: “Non ci sono ragioni militari per i bombardamenti… Nella storia ce ne sono stati molti. E spesso hanno dei nomi: Guernica, Oradour, Baij Jar, Ridice, Sharpeville, Treblink. Ora c’è un altro nome da aggiungere alla lista: Hanoi”.

Nel 1980, il leader svedese decise di costituire una commissione indipendente di respiro internazionale, nota poi come Commissione Palme, per dare continuità all’impegno sui temi della sicurezza mondiale e del disarmo. In poco tempo ottenne l’adesione di personaggi di prestigio (da David Owen, ex ministro degli esteri della Gran Bretagna a Egon Bahr, tra i principali collaboratori dell’ex cancelliere tedesco Brandt; da Cyrus Vance, ex ministro degli esteri degli Stati uniti durante la presidenza di Carter, al sovietico Georgij Arbatov).

Alla fine del 1979 si era verificato l’evento che polarizzò tutte le energie della Commissione Palme: la Nato annunciò di voler installare 572 missili nucleari (Pershing e Cruise) nell’Europa dell’Ovest (Olanda, Gran Bretagna, Germania, Belgio e Italia), se il Patto di Varsavia non avesse desistito dal collocare centinaia di missili SS-20 nell’Europa dell’Est. La Commissione Palme si adoperò dal 1980 per tenere aperto il dialogo tra Est e Ovest proponendo una zona dell’Europa che fosse neutrale e disarmata dai Pirenei all’Atlantico (una riunione internazionale si tenne a Roma, dove s’incontrarono Palme ed Enrico Berlinguer).

Alla fine di gennaio 1986 Palme viaggiò a New Delhi per tenere la relazione a un convegno internazionale per commemorare Indira Gandhi assassinata nel 1984. Poche settimane dopo, a Palme toccava lo stesso destino: il 28 febbraio 1986 un killer lo avrebbe assassinato in una delle vie principali di Stoccolma. In questo 2022 il “neutralismo attivo” barcolla.