Le ultime immagini di Jang Song Thaek, numero due del regime nordcoreano epurato per tradimento e condotta lasciva, lo mostrano in manette, a capo chino, sovrastato da due guardie davanti alla corte militare che lo ha condannato a morte. Sentenza eseguita immediatamente, ha sottolineato il comunicato dell’agenzia ufficiale Kcna diffuso ieri. Neanche essere parte della famiglia che da tre generazioni domina la Corea del Nord ha salvato lo zio del leader supremo Kim Jong Un. Un’estromissione avvenuta «in maniera pubblica, insolita e ignominiosa», ha detto Rosella Ideo, esperta di relazioni internazionali dell’Asia Orientale. Contattata dal manifesto, ha spiegato i contorni di un’epurazione che mette Kim Jong Un sulla scia della politica seguita dal nonno Kim Il Sung e dal padre Kim Jong Il.
La caduta di Jang, già vittima di un’epurazione nel 2004 dalla quale era tornato più forte di prima dopo due anni, è stata gestita come una messinscena dalla coreografia studiata nei dettagli. Il 67enne ex vicepresidente della potente Commissione per la difesa nazionale aveva traghettato senza scossoni la successione alla morte del Kim Jong Il, affiancato come tutore all’erede appena trentenne del Caro Leader .
Trascorsi due anni dall’ascesa al potere, il giovane Kim Jong Un «ha sentito il bisogno di riaffermare la propria dittatura e di essere l’uomo solo al comando». L’esecuzione è stata anche un ammonimento per chiunque lo volesse sfidare in futuro: «non seguire la strada intrapresa da Jang». Il leader supremo «ha cercato di estromettere il controllo molto vasto che lo zio era riuscito a ottenere in quarant’anni di potere sull’esercito, sulla polizia e su parte dell’amministrazione civile».
Il processo inscenato nei suoi confronti è stato perciò quello contro chi si è macchiato del reato di lesa maestà. Jang faceva tuttavia pur parte della «famiglia reale». Un parente acquisito, marito della sorella di Kim Jong Il, Kim Kyong Hui, da tempo malata e assente durante la caduta del consorte.
Contro di lui è stato pertanto montato un impianto accusatorio che comprende di tutto e di più. Durante il processo ha ammesso la propria colpa e anche di aver pianificato un colpo di stato per deporre la leadership del nipote. La messinscena era tuttavia iniziata già la scorsa settimana quando, quasi a conferma delle notizie sull’epurazione svelata dai servizi d’intelligence sudcoreani, alcuni fotogrammi diffusi dalla stampa ufficiale mostravano l’arresto di Jang durante una seduta allargata del politburo del Partito coreano dei lavoratori. Durante la riunione il leader decaduto non sedeva come suo solito accanto a Kim Jong Un, ma tra i banchi dei delegati, dai quali è stato portato via da agenti in uniforme, «probabilmente componenti della polizia politica».
L’estromissione di Jang, continua la professoressa Ideo, è forse il risultato di una lotta intestina che va avanti da mesi, anche con esecuzioni a livello locale. Almeno a partire dalla scorsa primavera c’è stato l’allontanamento dei personaggi vicini al capo, al cui posto è arrivata una nuova generazione di falchi. Se Jang era stato capace di stringere ottimi rapporti con Pechino ed era considerato un moderato e un fautore di riforme sul modello cinese, i nuovi arrivati, tra i quali è da annoverare il vicemaresciallo Choi Ryong Hae, sono per una linea caratterizzata dalla priorità data al nucleare e dalla disponibilità ad aperture sebbene limitate e sotto lo stretto controllo del potere centrale.
Alcuni osservatori hanno tracciato un paragone con la vicenda Bo Xilai in Cina. «La dirigenza cinese si muove tuttavia in modo collegiale, qui si tratta del potere di un uomo solo», ha sottolineato Ideo. La Cina torna anche, non citata direttamente, nelle accuse rivolte a Jang di aver svenduto le risorse naturali del paese. Il fatto che Pechino sostenga Pyongyang in cambio di materie prime è noto. Al momento le dichiarazioni cinesi alla caduta di Jang sono improntate alla continuità dei rapporti. Come spiega Ideo, la Cina, a livello istituzionale, ha sempre tenuto i nordcoreani in grande considerazione. La Corea del Nord è ancora vista come un cuscinetto contro l’accerchiamento Usa. Per questo Pechino pone la stabilità della regione sopra altre questioni come il nucleare, e continua a sostenere l’alleato. Nei giorni dell’epurazione sono stati raggiunti accordi per lo viluppo di zone economiche congiunte. Uno di quei temi che, prima dell’epurazione, erano sotto la tutela di Jang.