Le lame di metallo, al cinema, mettono insieme ricordi intollerabili; da Freddy Krueger a Edward mani di forbice, fino al braccio di ferro tuttifrutti con il lupesco Wolverine (Hugh Jackman). Lame, coltelli, rasoi al posto delle dita passano per mini-major, camerette, campi di concentramento, alberi di mele. Gridano l’anima di questi strani, incomprensibili ometti con l’artiglio, la condiscono col limone, materializzano grandi sogni e grandi incubi.

E cosa succede quando la lettera X di X-men va in vacanza e lascia Logan da solo? Lo scopriamo nel film di James Mangold, Wolverine – L’immortale, ricco di amori e di dolori. Il cacciatore mutante, rabbioso, iperreale, è al centro di uno spin-off imperterrito (dopoX-Men le origini: Wolverine, 2009). Mai visti una barba, un mento, dei pettorali tanto pneumatici, iperbolici e sovraccarichi. Il massiccio Jackman è denso, caldo, uno shock estetico. L’opera di Mangold è anche la cronaca rigorosa della sparizione di certo nonsense fisico e macho; setaccia Logan fino al midollo, lo stappa con l’apribottiglie del cinema e dell’ipnosi. D’altronde, per Jackman, questo è il sesto episodio «da Wolverine»: dalle lame allo spirito, si cresce. Nel nuovo capitolo, ambientato nel moderno Giappone, Logan è in preda a una sorta di «trauma KKK», gli appare in sogno Jean Grey, lo salva dalle manipolazioni cerebrali una mutante giapponese e lo porta a Tokyo, non quella della liberalizzazione commerciale essiccata o del Trans-Pacific Partnership americano, ma la Tokyo in cui un magnate della tecnologia, in fin di vita, gli chiede la longevità in cambio della «normalizzazione» (vita umana, mortale, comune).

Il capitalismo contro il muro bianco di un freak che sogna di poter sanguinare, e morire. Da questa premessa, si sfoglia una favola classica, in cui il servitore-eroe (leggermente wolf-jockey e sirenetto) si innamora della donzella e combatte contro il Male per proteggere il mondo a suon di botte vischiose. I sogni premonitori crescono e montano in Logan, dall’atomica di Nagasaki alla radiazione afrodisiaca che mescola amori passati e nuove isole. L’annacquamento del fumetto ad opera di Chris Claremont, Frank Miller, Paul Smith è un aeroplanone di ingenuità, ma la sequenza di combattimento sul bullet train resta la foglia verde di questo grande albero mutante-umano. C’è una cordicella di ragnatela che lega Ragazze Interrotte e Quando l’amore brucia l’anima (di Mangold) a Wolverine – L’immortale. «È l’ambientazione – spiega il regista – sia che si tratti di un ospedale psichiatrico indietro nel tempo che di una vita on-the-road o sul palco, un uomo ricerca sempre se stesso, si consuma pur di toccare la propria ombra. Nel caso di Wolverine, il Giappone è un territorio perfetto per un’esplorazione intimista. Da cineasta, posso restituire al pubblico un film meno prevedibile,indie. Quello che trovo perdente, nel precedente Wolverine, è il voler mantenere a tutti i costi alcuni puntuoli con la saga di X-Men. Invece, la serie andava tradita subito. Il nostro Wolverine si immerge direttamente nel personaggio, come un film a parte, che racconta qualcosa di inedito».

Mangold ha ritrovato Hugh Jackman dopo Kate & Leopold: «Sono trascorsi più di dieci anni ma Hugh è rimasto un grande attore e un’ottima persona. Abbiamo condiviso la visione di Wolverine e tentato di non oscurare il personaggio con inutili effetti. Anzi, la scelta è stata quella di rischiare, ad esempio riportando in scena Famke Janssen, una specie di fantasma della memoria che vive in lui e lo tormenta, un punto di snodo per comprendere le ragioni secondo cui Logan si trova nei boschi, isolato. Se uccidessi la mia fidanzata e tradissi il rispetto dell’organizzazione per cui lavoro, credo che mi rintanerei in un bosco anche io».

La scena spettacolare del bullet train che sfreccia a 280 miglia orarie è una galassia sonica tra Buster Keaton e Source Code  di Duncan Jones, ma negli scontri all’ultima lama si avverte che qualcosa manca. Mangold, in occasione del Comic-Con di San Diego ha infatti annunciato una versione ninja di Wolverine – L’immortale in home-video: più violenta, più disumana, più sanguinolenta.