Nell’ultima settimana intorno al conflitto in atto nel Tigray si sono registrati una serie di cambiamenti che potrebbero portare alla fine della guerra.

Il 23 marzo la Commissione etiope per i diritti umani ha reso conto dei risultati di un’indagine sulle violenze avvenute nella città di Axum tra il 18 e il 29 novembre 2020. Il report si basa su interviste a 45 famiglie di vittime, testimoni oculari e leader religiosi della città e personale medico degli ospedali. Sonmo state raccolte anche prove materiali, inclusi video, audio e fotografie.
Il 18 novembre Axum e le aree limitrofe sono state oggetto di attacchi aerei che hanno provocato vittime civili. Il giorno successivo militari dell’esercito etiope e soldati eritrei sono entrati in città e hanno saccheggiato gli ospedali prendendo medicinali e danneggiando attrezzature mediche. I residenti hanno raccontato che i soldati eritrei «hanno depredato negozi e uffici governativi».

IL 25 NOVEMBRE 2020 i militari etiopi avrebbero lasciato Axum, ma al loro posto sarebbe entrato in città un numero significativo di soldati eritrei che avrebbero assunto il controllo della città. Il 28 novembre ci sono state pesanti sparatorie di cui tuttavia non è stata chiarita l’origine. Secondo alcuni residenti «milizie locali armate hanno iniziato a sparare ai soldati eritrei e che a loro volta avrebbero reagito sparando contro i civili». Altri hanno sostenuto che: «I soldati eritrei hanno cercato di saccheggiare la chiesa di Axum, Maria di Sion. Quando i residenti hanno cercato di impedirlo, i soldati eritrei hanno iniziato a sparare ai civili».

I TESTIMONI OCULARI hanno identificato gli aggressori come eritrei dall’accento tigrino eritreo, dalle uniformi, dalle scarpe e da un segno culturale distinto sul volto di alcuni soldati». I soldati eritrei avrebbero impedito il recupero dei corpi delle vittime dicendo: «Il tuo popolo non sarà sepolto prima che i nostri soldati siano sepolti». L’Eritrea ha respinto le accuse di abusi come «assurde» e «prefabbricate».

I governi di entrambi i Paesi hanno sempre negato la presenza di militari eritrei, se non strettamente lungo la linea di confine. Secondo il ministro etiope della Democratizzazione Zadig Abraha non c’erano «forze eritree nel Tigray al 1001%».

Per la prima volta il 23 marzo il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha ammesso la circostanza in un dibattito parlamentare, sostenendo che le truppe eritree sono entrare nel Tigray per proteggere il confine, nel timore di attacchi dei combattenti del Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf) che hanno «lanciato più volte razzi su Asmara».

ABIY HA EVITATO DI MENZIONARE la presenza di soldati eritrei nelle città del Tigray, ma ha sempre fatto riferimento al confine che tra l’altro ha ancora estensioni suscettibili di interpretazione. Aggiungendo, tuttavia, che «il popolo e il governo eritreo hanno fatto un favore duraturo ai nostri soldati». Il premier ha poi sostenuto che «indipendentemente dalla propaganda di esagerazione del Tplf, qualsiasi soldato responsabile dello stupro delle nostre donne e del saccheggio delle comunità nella regione sarà ritenuto responsabile poiché la sua missione era di protezione». Ammettendo così, indirettamente, possibili abusi contro civili da parte dell’esercito etiope.

PRELUDIO A UNA VERA SVOLTA è stato infine l’incontro a Asmara tra il presidente eritreo Isaias Afewerki e Abiy Ahmed, che al termine ha annunciato: «L’Eritrea ritirerà le sue truppe dal Tigray. La forza di difesa nazionale etiope assumerà il controllo delle aree di confine con effetto immediato». Per Hailu Kebede del partito tigrino di opposizione Salsay Weyane Tigray, qualsiasi accordo sul ritiro dell’Eritrea sarà «inutile se non verificato da osservatori internazionali».