«Un pomeriggio stavo a casa,e all’improvviso ascoltai dalla strada una versione di If 6 was 9 che non conoscevo, ben suonata, e con una voce magnifica. Pensai bello sto disco, cercai su Shazam, ma nessun risultato. Mentre pensavo a chi mai potesse essere, sentii la musica interrompersi all’improvviso, dopo un po’ si ascoltava solo la batteria e il basso, capii che non era un disco, ma che qualcuno stava provando. Scesi in piazza e trovai una band che stava provando per la sera. Mbè, come spesso mi capita proposero di portare il sax la sera, e la sera mi arriccreai». Così il polistrumentista e bandleader Daniele Sepe rievoca il suo primo incontro con Dean Bowman, un jazz vocalist dalla tecnica superlativa, e il chitarrista Joe Cristiano, entrambi statunitensi, suoi compagni (insieme con Hamid Drake batteria, Tommy De Paola tastiere e Davide Costagliola all’electric bass) in Direction Zappa, il trentesimo disco, peraltro doppio, quasi due ore di musica, della sua carriera.

Daniele Sepe

L’ALBUM – interamente autoprodotto e disponibile coi files HD e Mp3 da masterizzare più alcuni spartiti e libretto con note soddisfacenti, copertina parodia colorata, acquistabile sul sito produzioni dal basso e finanziato col crowdfunding oppure in versione vinile o cd – è la registrazione completa del concerto tenuto il 10 settembre 2016 al festival di Sant’Anna Arresi, un omaggio a Frank Zappa, il grande maestro di Baltimora, con alcune sue famose composizioni e tante improvvisazioni, insert, assoli, citazioni implicite ed esplicite rendendo quella musica la perfetta colonna sonora di una stagione storica precisa, gli anni ’70 e le loro battaglie sociali, dalla guerra nel Vietnam alle lotte per i diritti civili, caustico affresco della scena undergroud di Los Angeles e delle decine di strumentisti reclutati per le sue diverse versioni delle Mothers of Invention. Vate e profeta per diverse generazioni di musicisti, Francis Vincent Zappa, fantasioso chitarrista acuminato, scomparso nel 1993, amava Edgar Varese e il rock, i grandi ensemble sinfonici e le lunghe tirate jazz, mettendo perennemente in berlina l’uomo medio americano e le sue ossessioni.

PER ANNI DA GIOVANE ha suonato lounge music in bar e motel, messi alla berlina in American Drinks e da irriverente provocatore si divertiva con I’m the slime, King Kong e Ho No, dove si possono rintracciare similitudini con la musica popolare campana. Il primo disco contiene 12 brani, il secondo 8 tra cui una versione di 17 minuti di Jazz is the teacher and funk is the preacher, brano di James Blood Ulmer, altro fuoriuscito dalla scuderia di Ornette Coleman. Ma tutta l’esibizione è un’immersione nelle surreali suite zappiane alternate con un florilegio di classici di Capitan Capitone, il pirata del golfo, alter ego dell’incendiario sassofonista, da Song for Che di Charlie Haden a Fable of Faubus di Charlie Mingus, più alcune pietanze di Bowman e Drake come Ochun un brano tradizionale Yoruba e la davisiana In a silent way.
Dopo Victor Jara e Gato Barbieri, Sepe indica alle nuovissime generazioni il talento smisurato di questo eretico baffone che si permetteva di frullare persino il valzer e il cajun, insieme a tempi dispari e complicati, per dare una lezione di libertà e anticonformismo, molto necessaria in questo tempo sospeso di pandemia col pensiero unico.