Quando il Pontefice si affaccia alla finestra che dà su Piazza San Pietro per recitare l’Angelus, non rivolge solo un messaggio religioso ai fedeli, ma anche un appello politico.

Ogni domenica, infatti, il Santo Padre interviene sulle questioni che ritiene di più scottante attualità, commentando brevemente anche una particolare situazione internazionale.

Una scelta che viene attentamente valutata sulla base dei rapporti diplomatici che la Santa Sede stringe con le potenze straniere.
In occasione dell’Angelus del 5 luglio scorso, Papa Francesco avrebbe dovuto esprimere rammarico e preoccupazione per la crisi che la città di Hong Kong sta vivendo dopo l’entrata in vigore della contestata Legge sulla sicurezza nazionale. Parole che il Pontefice non ha mai pronunciato.

Eppure, i giornalisti accreditati che avevano ricevuto una copia del discorso di domenica, diffuso sotto un rigido embargo un’ora prima della preghiera, attendevano con interesse la sua orazione.

Bergoglio avrebbe dovuto lanciare un invito agli abitanti dell’ex colonia britannica per affrontare con «coraggio, umiltà e non violenza» la nuova condizione imposta da Pechino, affermando di aver seguito con particolare attenzione, e non senza preoccupazione, lo sviluppo della complessa situazione a Hong Kong.

Ma poco prima che il Papa recitasse l’Angelus, i giornalisti sono stati informati che non avrebbe letto il paragrafo sulla città portuale.
Essendo un testo sotto embargo, non esiste. Infatti sulla copia diffusa dalla Sala Stampa è ben evidente la nota che recita «Vale solo quanto pronunciato, salvo indicazioni diverse».

Un escamotage non nuovo per la diplomazia vaticana. Già con il cardinale Agostino Casaroli, ex Segretario di Stato sotto il pontificato di Papa Giovanni Paolo II e sapiente tessitore della politica della Santa Sede con i paesi comunisti, venivano inseriti dei paragrafi nel testo dell’Angelus che il Pontefice poi non leggeva. Il messaggio, sebbene non fosse pronunciato dal Santo Padre, arrivava comunque a destinazione.

In questo caso probabilmente Pechino potrebbe aver esercitato qualche pressione sulla Segreteria di Stato affinché il Papa non presentasse, in mondovisione, il dramma democratico che i cittadini di Hong Kong stanno vivendo. Non è facile comprendere né prevedere quanto accade dietro le quinte della diplomazia cinese e vaticana.

Questo episodio però si aggiunge a una serie di eventi che hanno contraddistinto i rapporti bilaterali tra Pechino e Santa Sede all’indomani dell’Accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi firmato in Cina il 22 settembre 2018 e, ormai, in scadenza. A distanza di due anni, il testo è ancora secretato e sono stati pochi gli sviluppi utili a risanare un legame interrotto ormai dal 1951.

Papa Francesco evidentemente ha voluto lanciare un messaggio ai fedeli cattolici ad Hong Kong, senza però far arrabbiare il gigante cinese che potrebbe rifiutare la proroga dall’intesa sino-vaticana.