Quando nel 1848 in Europa esplose la rivolta contro i poteri assoluti, il primo duraturo effetto fu la nascita improvvisa e caotica di foglietti, riviste e giornali indipendenti. Portatori di contro-informazione, ideali e opinioni, si sfidarono nel narrare il tempo presente. Forse fu da questa esperienza diffusa che nacquero giornali e gruppi editoriali (almeno in Italia dove la stampa periodica aveva un circuito elitario), ma lo spirito libero e militante di quella pubblicistica non si spense nella pratica né nell’immaginazione, modello di un modo alternativo di fare comunicazione (lo sapeva Giangiacomo Feltrinelli che costituì una straordinaria raccolta di quei periodici).

A SCORRERE IL LIBRO di Giuseppe Muraca, dedicato ad alcune riviste volutamente marginali e dissenzienti attive tra gli anni Cinquanta e Ottanta, può venire in mente quell’antecedente che si andava evocando, pur nella diversa situazione storica. In Piergiorgio Bellocchio e i suoi amici. Intellettuali e riviste della sinistra eterodossa (ombre corte, pp. 121, euro 12), l’autore raccoglie alcuni suoi scritti, già editi in libri, riviste e giornali, con i quali ha seguito nel tempo i protagonisti di un’avventura culturale e politica coagulatasi nel 1962 intorno ai «Quaderni piacentini»: una rivista fondata da Piergiorgio Bellocchio, presto codiretta da Grazia Cherchi e Goffredo Fofi, e che riunì tra i collaboratori, nei suoi lunghi anni di pubblicazioni, Fortini, Pirelli, Cases, Timpanaro, Giudici, Solmi, Fachinelli, Raboni, Asor Rosa, Jervis, Berardinelli (solo per citarne alcuni), poi estintasi nel 1984; o forse già nel 1980, come sembra suggerire Giacomo Pontremoli, I Piacentini. Storia di una rivista. 1962-1980 (Edizioni dell’Asino, euro 10), quando cioè, approdando all’editore Franco Angeli, finiva l’autogestione, uno dei veri tratti che fa la differenza nel rapporto tra cultura ed economia.

DAL CICLOSTILE alla stampa il passo fu rapidissimo, e i «Quaderni» si fecero sentire in maniera forte e influente, raggiungendo punte di 12 mila lettori. Lettori principalmente coinvolti, all’inizio, nelle declinazioni politiche della cultura letteraria, sociologica e filosofica, e col tempo sempre di più militanti di un’azione politica, segnata coi nomi di «sinistra eterodossa» o «nuova sinistra», alla ricerca di modalità interpretative del marxismo, dell’operaismo e della lotta politica al di fuori e in concorrenza con i partiti della sinistra. «Quaderni» mantenne sempre un atteggiamento critico di analisi e di riflessione verso i grandi movimenti, giovanili e non, e i grandi eventi che percorsero quegli anni.

A QUESTO PRIMO, solido ed informato capitolo ne seguono altri, tramite i quali si vorrebbe stringere l’obbiettivo su Piergiorgio Bellocchio e quella stagione. E ciò accade in parte analizzando alcuni successivi scritti, letterari e non, dell’intellettuale piacentino, in parte alcuni scritti dei suoi più vicini sodali, Cherchi e Fofi, scelti tra quelli che in qualche modo rievocassero quegli anni di collaborazione ai «Quaderni».

Purtroppo l’esito è abbastanza faticoso, perché l’accorpamento in volume di interventi per lo più prodotti in occasioni e con finalità diverse, tra i quali solo pochissimi vengono stesi come completamento e legame, non riescono a coagularsi. Benché l’insieme di argomenti e prospettive riaffermi la necessità di ripercorrere storicamente le voci e le idee della cultura italiana di sinistra, e i modi di fare narrazione politica.