2046, questo era l’anno scelto da Won Kar-wai per il suo straordinario film di qualche anno fa. 2047 un apologo è invece il titolo della performance multimediale che Zhang Yimou ha presentato lo scorso anno al National Center for the Performing Arts in Pechino, con una seconda «puntata» d’aggiornamento mostrata nel giugno scorso. Una riflessione sul rapporto tra uomo e tecnologia. Per questo Yimou che ha un ritmo produttivo spaventoso, non aveva più diretto film dopo The Great Wall, produzione economicamente colossale ma risultato non convincente. Ora Zhang ritorna a Venezia (dove è stato in concorso e anche presidente di giuria) per ricevere il premio dal titolo brutto e vagamente militaresco Glory to the Filmmaker. E per l’occasione ha mostrato il suo nuovo film Ying, l’ombra, un wuxia con momenti sorprendenti. L’ombra del titolo è in realtà un uomo la cui caratteristica principale è quella di essere sosia di un personaggio potente. Quindi viene reclutato per fargli correre eventuali rischi, risparmiando talvolta la vita al signore di turno.

Siamo quindi in Cina nel pieno del Romanzo dei Tre regni, testo epico classico di quella letteratura. In particolare siamo a corte con un sovrano ambiguo e perfido che ha perso la città d’origine della sua casata. Intorno a lui la sorella, il primo ministro, il comandante in capo (figura potente e rispettata), la moglie di quest’ultimo e l’ombra che ormai stabilmente «interpreta» il comandante. Scenari naturali da favola, edifici che si incastrano cesellati nel paesaggio roccioso, costumi sontuosi ma su tonalità che li fanno apparire quasi in bianco e nero, anche perché in questo modo risalta molto di più il rosso del sangue, e ce n’è a profusione.

Perché intrighi, raggiri, colpi di scena conducono a scontri veramente all’ultimo sangue. Yimou reinventa gli scontri d’altri tempi con piccole balestre usate quasi come pistole, lame di ogni tipo, ombrelli a raggi metallici che vengono maneggiati come scudi ma in grado anche di lanciare lame mortali. I duelli sono coreografie violente, salvo scoprire che l’armonia a la grazia femminili possono essere usati come arma imprevedibile per il nemico. Già perché alla fine mentre gli uomini tramano per il potere le donne giocano un ruolo fondamentale. Anche il malcapitato ombra, dopo essere stato trovato bambino, strappato alla famiglia plasmato e trasformato in sosia e sostituto del generale, nonostante le pulsioni da uomo comune, la fascinazione per la sua finta moglie, in conclusione sembra essere risucchiato da quell’universo di maschi prevaricatori al quale dovrebbe risultare estraneo, se non altro per le origini.

Il cinema di Zhang Yimou è da sempre un trionfo di immagini, dal suo esordio con Sorgo Rosso, passando per Ju Dou, Lanterne rosse e i titoli successivi, sino alla scoperta del wuxia con Hero e La foresta dei pugnali volanti che gli hanno consentito di liberare e concretizzare fantastiche immagini per il grande schermo. Ying si inserisce perfettamente in questo solco con un uso fantastico del T’ai Chi T’u, la rappresentazione grafica di Yin e Yang, il nero e il bianco, gli opposti a confronto, che diventano base per leggere il futuro, ma anche letteralmente terreno di scontro e duelli. Senza dimenticare trovate che sposano l’epica cinese con l’Iliade per una festa per immagini.