Leopoli si colora di stracci di bianchi: «Garantire i corridoi»
Crisi ucraina Le voci della marcia contro la guerra. Solidarietà, accoglienza e presenza accanto a chi sta subendo il conflitto
Crisi ucraina Le voci della marcia contro la guerra. Solidarietà, accoglienza e presenza accanto a chi sta subendo il conflitto
«Io parteciperò alla marcia per la pace di oggi pomeriggio a Leopoli, come a tutte le attività della carovana, ma alle marce non do più molto valore, da qualche anno a questa parte. Il senso che gli posso dare io è molto relativo. Mi chiedo come la prenderà la gente di Leopoli: dobbiamo chiederci se il nostro marciare può dare un segnale di vicinanza con le persone». L’arcivescovo di Bari Giuseppe Satriano è tra i volontari dell’azione di pace italiana in Ucraina #Stopthewarnow quando consegnano i pacchi di aiuti arrivati dall’Italia ai depositi della piattaforma delle associazioni ucraine Uep. «Abbiamo chiesto viveri – racconta Vittoria, direttrice poco più che ventenne della logistica della piattaforma, che raccoglie oltre 500 organizzazioni nella regione -, poi farmaci. E anche caschi e giubbotti antiproiettile, per permettere a noi dì raggiungere in sicurezza le aree più isolate, Ma sapervi qui è la cosa più importante».
Insieme agli aiuti, tra i mezzi che hanno passato la frontiera con la Polonia dopo oltre tre ore di controlli di polizia, si distribuiscono le sciarpe e le fasce bianche con le quali volontarie e volontari marceranno dalla stazione alla piazza centrale «per spiegare alla città – racconta don Tonio dell’Olio, presidente della Pro Civitate Christiana di Assisi – che non ci ha visto scaricare i nostri pacchi oggi, il senso della nostra presenza qui».
Un’azione visibile, spiega don Tonino «la continuità più bella delle tante piazze partecipate e colorate per le pace, e di tutte le marce che in questi mesi si sono moltiplicate e che vogliono dire solidarietà, accoglienza e presenza accanto alla gente che non ha scelto ne’ voluto questa guerra, ma di fatto la subisce». La marcia parte dalla stazione nel tardo pomeriggio, quando da Mariupol arrivano decine di nonne cariche di valigie e nipoti, bambine abbracciate a grandi peluche, pezzi di case su carrelli improvvisati, soldati con i fagotti e i danni del fronte. Fuori dalla stazione si dipanano tra le tende della Croce Rossa, le strutture dell’Unhcr, ma anche i tanti tavolini delle associazioni cittadine con la griglia delle disponibilità di passaggi, accoglienza per la notte o trampolini per destinazioni più lontane. «A volte rischiano un salto nel buio – denuncia Elena Fusar Poli, capomissione di Mediterranea Saving Humans, tra le promotrici della marcia -, nei buchi neri della tratta. Abbiamo avuto tantissime richieste per un passaggio sicuro da parte di persone Lgbtq o di donne trans, hanno bisogno di un’accoglienza adeguata». Aprire per chi fugge canali sicuri di fuga è uno degli obiettivi più importanti anche per la diplomazia italiana: «i corridoi dovrebbero essere preannunciati per tempo e rimanere aperti per qualche giorno, ma ci sono problemi in questo senso», spiega ai volontari l’ambasciatore italiano in Ucraina Pier Francesco Zazo, intervenuto nel Seminario di Leopoli che li accoglie per un saluto. Si lavora, però, anche per «creare un rapporto di maggiore fiducia tra autorità di Kiev e autorità di Mosca come Governi», per facilitare gli interventi sul campo, perché «non basta l’accordo di vertice.». Solo così i convogli possono viaggiare in sicurezza, e l’evacuazione di Mariupol sarà un test importante, ammette Zazo.
Mentre i volontari cominciano a percorrere il viale di fronte alla stazione, i primi venti pulmini della carovana ripartono dal parcheggio della stazione stessa con settanta rifugiati, per lo più mamme con bambini, appena arrivati da Mariupol. Le sirene suonano, ma Leopoli non si ferma. Continua a camminare, tra un caffè e il kebab. I passanti guardano i volontari con gli stracci bianchi dì pace al braccio o intorno al collo. Qualcuno si incuriosisce ma tira dritto. Padre Igor Boyko, il rettore del Seminario cittadino che accoglie nella sua palestra, su stuoini e sacchi a pelo, più di un centinaio dei volontari della carovana, si ferma a parlare con chi rientra infreddolito.
Racconta che anche Leopoli corre i suoi rischi: «qui vicino, ad esempio, c’è una fabbrica che ripara carri armati, e una fabbrica chimica. Sabato scorso sono caduti tre missili dietro la collina, siamo scappati nei rifugi. Ma è vero: la comunità si difende, prova a fare la vita di sempre e non pensare al peggio. Questa vostra presenza fisica, che arriva da così lontano, ci fa stare bene. Sappiamo che metterà in salvo centinaia di persone – precisa -. È una strada per la pace, servirà a tutti».
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