E’ una Leopolda dei buoni sentimenti, effetto diretto delle vicine elezioni politiche, quella che va in scena nell’antica stazione asburgico-lorenese che battezzò il treno a Firenze. Una Leopolda affollata (“più dello scorso anno”, avvertono soddisfatti dallo staff renziano), con ristoranti e bar di Porta a Prato che guardano agli incassi e confermano. Popolata, come sempre, da un melting pot transgenerazionale, con in maggioranza i 40/50enni e con una buona diffusione territoriale, a giudicare dalle cadenze venete, lombarde, campane, emiliano romagnole e calabre che si rincorrono sulle rive dell’Arno. Tutti e tutte, va da sé, con il portamento, le espressioni e l’abbigliamento di chi vuol piacere alla gente che piace.
Eppure qualcosa è cambiato rispetto alle prime edizioni, quelle dell’assalto “emozionale” al palazzo del partito e poi a quello del potere. Anche rispetto ad appena dodici mesi fa, quando la partita referendaria, imminente, era diventata una chiamata alle armi. Tanto da portare qui anche nugoli di potenziali clientes che, magari Renzi ce la fa anche stavolta, spingevano verso il palco, per farsi vedere entusiasti dal conducator e dai suoi fedelissimi.
“E adesso cosa facciamo, non dovevamo andare lontano..”. Viene in mente Luca Carboni mentre Erasmo D’Angelis ai microfoni di Controradio riconosce: “Non è una Leopolda orfana del governo, Gentiloni è come se fosse qui. Piuttosto c’è ancora la delusione per gli esiti del referendum”. Mentre l’altra fedelissima Lorenza Giani, tesoriera del Pd fiorentino, fa capire la tendenza più intima di questa edizione: “C’è una platea più consapevole, che va a votare e vota centrosinistra. Qui si sentono tranquilli, possono parlare. Perché la gente non ne può più dei toni accesi che si ascoltano in televisione…”. A quando la riedizione del leggendario poster 1976 scudocrociato “Rinnovamento nella continuità”?
La conseguenza è una Leopolda “normalizzata” – in un autentico corto circuito con l’iconoclastia del primigenio progetto – che deve fare i conti con il presente, e soprattutto con il futuro del Pd e del suo segretario. “Quando passiamo con il treno – racconta l’amico ritrovato Marco Agnoletti – ci dicono sempre di non mollare, di andar avanti”. Perché fra i suoi, come già evidenziava il Lingotto, Matteo Renzi resta la figura più popolare e seguita. Ben lo sanno gli altri, dal grande elettore Sergio Chiamparino a un Dario Franceschini che viene accolto sul palco dal padrone di casa con un flash illuminante: “E’ un amico”.
Quello che manca, visto il 25% di ogni sondaggio, è quel 5, 10% di indecisi, o di potenziali astensionisti, di cui peraltro stanno andando a caccia tutte le forze politiche, visto il 45% di potenziale non voto. Giovani e giovanissimi. Delusi dalla politica. Anche pezzi di voto berlusconiano che ormai guarda all’ex cavaliere con un po’ di riconoscenza e un’occhiata impietosa all’anagrafe. Così si spiegano i ventenni, per forza di cose piuttosto impacciati, su un palco troppo impegnativo per loro. Poi i collaboratori di giustizia assistiti dalle istituzioni; le donne (c’è Lucia Annibali sul palco con Maria Elena Boschi) vessate, sfregiate, ammazzate dagli uomini; i sofferenti, di ogni età, cui lo Stato italiano non dedica molte attenzioni.
E’ una narrazione ad uso e consumo elettorale che il Pd, come logico, mette in campo. “Ora facciamo proposte per il futuro”, conferma lo stesso Renzi. Ma la Leopolda, ricordano i primi frequentatori, era un’altra cosa: “Fatta così, cosa c’è di diverso da un’assemblea di partito?”. E allora si finisce per rimpiangere perfino il sindaco Nardella furibondo, dito indice alzato, con Filippo Ceccarelli, “reo” di aver scritto un (delizioso) articolo di costume & politica sulla Leopolda 2015.
Fra gli spunti dei 43 tavoli tematici, e le parole dei protagonisti della kermesse, c’è la fotografia degli ultimi scampoli di legislatura: sì alla legge sul biotestamento (“Ci sono tutte le condizioni per farla”, dice Federico Gelli); sì all’abolizione del superticket sanitario; ancora incognita invece per lo ius soli: “Dopo la legge di bilancio speriamo di approvarlo”, spiega Mario Giro. Anche perché, dal palco, Michel Tchetchoua, ex rifugiato politico camerunense e oggi cittadino italiano, avverte: “Questa è la massima urgenza: bisogna approvare subito la legge sullo ius soli. Al governo ci siamo noi adesso, potrebbe essere l’ultima spiaggia”. Oggi le conclusioni del conducator.