Siamo abituati a pensare che le scoperte che ci cambieranno la vita vengano da lontano, dai grandi centri di ricerca statunitensi o asiatici. Stavolta, per conoscere le biotecnologie del futuro basta rimanere in Italia. Più precisamente, bisogna recarsi a Povo, il paesino in collina dove ha sede il Centro per la Biologia Integrata dell’Università di Trento. Qui lavorano Anna Cereseto e il suo team, da qualche giorno entrati nel giro che conta delle biotecnologie. Sono loro ad aver realizzato la versione più precisa al mondo di Crispr-Cas9, la rivoluzionaria tecnica di modifica del dna che sta cambiando la biologia molecolare. La loro scoperta è stata pubblicata sull’ultimo numero della rivista Nature Biotechnology e anche le altre firme della ricerca sono italiane.
Lo studio riguarda un enzima denominato Cas9 in grado di tagliare e ricucire con grande facilità. La tecnica che permette di guidare Cas9 sulle mutazioni genetiche difettose si chiama Crispr-Cas9. La sua scoperta risale solo al 2012, ma in pochi anni le sue applicazioni si sono moltiplicate a dismisura. Crispr-Cas9 ha costretto i governi a rivedere le linee guida in campo bioetico. Le agenzie per la sicurezza alimentare stanno modificando la normativa sugli Ogm. L’esercito statunitense ha inserito Crispr-Cas9 nel catalogo delle armi batteriologiche di distruzione di massa.

IL GRANDE SPAURACCHIO, ovviamente, sono le applicazioni sull’uomo. La precisione di Crispr non è ancora totale e in questo campo non sono consentiti azzardi. «Finora, il rischio di introdurre mutazioni indesiderate ha rallentato le sperimentazioni terapeutiche alla ricerca di cure per le malattie di origine genetica», spiega Cereseto, attualmente docente di biologia molecolare a Trento, dopo una carriera ventennale tra Italia e Stati Uniti e molti risultati di livello internazionale.
Per modificare il dna nel punto desiderato, l’enzima Cas9 viene unito a una molecola guida, una copia esatta del segmento di dna su cui intervenire. Ma se nel dna è presente un segmento simile, Cas9 può «sbagliarsi» e modificare parti indesiderate, con il rischio di generare danni genetici gravi o tumori. Un bel problema, se pensiamo a possibili applicazioni su pazienti umani.
Forse il team di Cereseto ha trovato la soluzione. «Ormai ci siamo. Abbiamo raggiunto un livello di precisione del 99%, ottenuto peraltro sulle sequenze di dna in cui è più facile sbagliarsi – afferma la scienziata – Per quanto ne sappia, la nostra versione di Cas9, che abbiamo chiamato ’evoCas9’, è la più precisa al mondo».
Il nome «evoCas9» richiama l’evoluzione delle specie. Per metterla a punto, infatti, Ceresato e i suoi collaboratori hanno utilizzato gli stessi meccanismi: il caso e la selezione. Hanno creato diverse versioni mutate di Cas9, le hanno inserite in una popolazione di cellule di lieviti in cui erano presenti due sequenze di dna simili. Poi, «darwinianamente» hanno selezionato le versioni di Cas9 più precise, quelle che hanno modificato la sequenza giusta senza toccare l’altra.

DISPONENDO di una versione così precisa di Crispr, si potrà modificare il dna per curare mutazioni genetiche senza rischiare di provocare altre malattie. «I test clinici basati sull’uso di Crispr-Cas9 finora erano limitati a sequenze giudicate sicure. In passato, altre terapie geniche ritenute promettenti sono state abbandonate per colpa di effetti indesiderati sul dna».
Di terapie geniche, in effetti, si parla da una ventina d’anni. Ma all’inizio degli anni 2000 le sperimentazioni erano state bloccate. Nel tentativo di sperimentare una terapia genica per curare la Scid, diciannove bambini che partecipavano a un trial clinico avevano contratto la leucemia proprio a causa delle mutazioni fuori bersaglio. Ma la precisione è davvero l’unico freno alle applicazioni umane? «Ci sono anche questioni bioetiche, com’è giusto che sia. Riguardano la possibilità di modificare gli embrioni introducendo mutazioni che poi si trasmettono alle generazioni successive. E su queste sperimentazioni condivido la moratoria internazionale attualmente in vigore – sostiene Cereseto – La moratoria, tuttavia, non dovrebbe rappresentare un freno alla ricerca sugli embrioni, che attualmente sta facendo grandi progressi ma che in Italia è vietata dalla pessima legge 40».

CERESATO SI RIFERISCE alla legge introdotta dal governo Berlusconi nel 2004. Prevede tra i due e i sei anni di carcere per l’uso a scopo di ricerca degli embrioni sovrannumerari e destinati a rimanere inutilizzati e oggetto di un referendum (perdente) nel 2005. «La ricerca sugli embrioni si fa in Inghilterra, negli Usa, in Cina. Serve soprattutto a capire come funziona il Dna, non a progettare i bambini in laboratorio», racconta.
Su evoCas9 è stato già richiesto un brevetto. Se sarà concesso, solo le aziende chimico-farmaceutiche disposte a pagare i diritti commerciali potranno utilizzare evoCas9. «Però l’enzima è archiviato in una banca-dati pubblica e a disposizione di tutti i ricercatori. Il brevetto serve a finanziare le ricerche, che costano un sacco di soldi, e ad attrarre le società farmaceutiche in grado di tradurre le scoperte scientifiche in farmaci e terapie», spiega poi. Intorno ai brevetti su Crispr si giocano battaglie legali mondiali, perché la posta in palio è enorme.

Lo scontro  tra Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier da un lato, e Feng Zhang e George Church dall’altro per il brevetto su Crispr è ancora in corso, con esiti opposti, da una parte all’altra dell’Atlantico. I brevetti provocano monopoli, innalzano i prezzi delle terapie e limitano l’accesso alle cure. Domanda (forse) ingenua: non si potrebbe immaginare che ciò avvenga nel sistema pubblico e senza brevetti? «La domanda non è ingenua. Ma il costo dello sviluppo di un farmaco non è alla portata della ricerca pubblica, soprattutto se i finanziamenti alla ricerca rimangono così scarsi».
I pionieri della ricerca su Crispr-Cas9 hanno fondato aziende che si chiamano Intellia, Editas e Crispr Therapeutics, sono quotate in borsa e racimolano centinaia di milioni di dollari di investimenti privati. Trento può entrare nel grande giro, o dovrete trasferirvi negli Usa e in Svizzera? «Noi vorremmo provarci da qui. Abbiamo già avuto contatti con investitori e aziende interessate alla nostra scoperta. La sinergia tra università e provincia di Trento fa sì che anche qui sia possibile creare una start-up che trasferisca la tecnologia all’esterno dell’università».

IL SENTIERO è quello tracciato dalle inventrici di Crispr-Cas9, Doudna e Charpentier. Anche le prime sperimentazioni su embrioni sovrannumerari le ha realizzate una ricercatrice, Kathy Niakan del Francis Crick Institute di Londra. E ora, a firmare con Cereseto la scoperta di evoCas9, ci sono altre quattro ricercatrici. Sembrano superati i tempi di Rosalind Franklin, che scoprì la doppia elica del dna prima di Watson e Crick e oggi è ricordata solo da chi, anche nel movimento #metoo, denuncia lo stereotipo anti-femminile nel mondo scientifico. È così? «All’università di Trento, fortunatamente, le gerarchie baronali contano meno che altrove. Ma i problemi che incontra una donna che fa ricerca sono strutturali, e non sono legati solo ai baroni. Conciliare i ritmi della ricerca con la vita familiare può diventare impossibile se non c’è uno stato sociale che aiuta. A Trento e provincia, fortunatamente, abbiamo asili nido e un welfare efficiente».

SCHEDA

Non c’è solo Crispr e la terapia genica nella medicina di domani. Altre biotecnologie avanzate, come quelle che riguardano le cellule staminali, sono già entrate nei protocolli terapeutici a disposizione dei medici. Domani, malattie genetiche e cancro verranno combattute «riprogrammando» le cellule in modo da correggerne il comportamento o dotarle di nuove funzioni. Il ruolo dei medici assomiglierà sempre di più a quello degli hacker informatici. È questa la sintesi dell’utilissimo Curarsi nel futuro. Come staminali e terapia genica stanno cambiando la medicina, scritto da Valentina Fossati e Angela Simone per Zanichelli. In meno di 200 pagine, Fossati e Simone permettono di orientarsi in un campo raccontato troppo spesso in maniera sensazionalistica. Errori passati e prevedibili ostacoli, infatti, consigliano cautela prima di promettere «cure miracolose». E molti interrogativi bioetici aspettano ancora una risposta.