Qualche giorno fa, Mike Carter ha raccontato sul Guardian il contesto sociale che ha condotto alla Brexit a partire dal viaggio a piedi che per 340 miglia lo ha condotto da Liverpool a Londra, sulle tracce del cammino segnato da suo padre. Si chiamava Pete e 35 anni prima si era unito alla marcia di 300 disoccupati contro Margaret Thatcher. Dopo aver viaggiato a piedi per giorni e toccato con mano il crollo del valore delle case e il campo libero alla speculazione edilizia, il deserto lasciato dalla fine dell’industria e il sentimento xenofobo diffuso, Mike Carter scrive: «Il voto contro l’Unione europea non mi ha stupito affatto».

Si è messo in cammino anche Wu Ming 2, da Bologna a Milano, lungo la linea del Tav fino alla città di Expo. Da Piazza Maggiore a piazza Duomo. Anche lui ha tastato il polso del paese della sua geografia sociale. Il racconto del viaggio è Il Sentiero Luminoso (Ediciclo, pp. 288, euro 18,50), «oggetto narrativo non identificato», ibrido letterario che osserva la realtà da punti di vista insoliti. Il libro disegna una mappa che rimescola le carte, è un invito a costruirsi il proprio cammino più che a seguire quello tracciato.

Se uno degli elementi ricorrenti nella poetica dei Wu Ming è che non esiste un unico modo di raccontare una storia, in questo caso non c’è solo una strada che collega un luogo ad un altro. Il viaggio a piedi che viene raccontato mescolando i tempi e gli spazi. C’è un prima, che è il tempo della preparazione al cammino. C’è un durante diviso in otto tappe e una prima tappa ricorrente. E c’è un dopo, fatto di approfondimenti ed elaborazioni di quello che si è visto lungo il tragitto.

La prima tappa è ricorrente e spalmata lungo tutto il volume. Da Bologna conduce fino a Riolo di Castelfranco, a 33 chilometri di distanza dalle Due Torri. È un itinerario che dalla città incrocia la periferia e poi riporta indietro alla campagna. Così, a Wu Ming 2 ci ricorda di quando Luciano Bianciardi elogiava il cemento che si mangiava il mondo rurale i suoi rapporti gretti e familistici, per notare come la cementificazione e l’estensione della città infinita non abbiano costituito un fattore di emancipazione. L’Italia vista da qui è una specie di terra di mezzo tra città e campagna, tra modernizzazione selvaggia (la centrale di Caorso, la stazione ferroviaria di Reggio Emilia disegnata da Calatrava) e memoria (i cippi dei partigiani e le storie del cosiddetto Triangolo rosso).

In un altro «sentiero luminoso», quello delle luci al quarzo che traccia Mike Davis in Città di Quarzo che racconta l’immaginario distopico delle metropoli contemporanea di Los Angeles partendo dalla storia antica della comune di Llano del Rio, fondata da anarchici e socialisti alle porte della futura città. Quell’esperimento venne strangolato dall’assedio dei suoi nemici. Anche la cartografia di Wu Ming 2 passa dall’utopia alla distopia. A Massenzatico, in provincia di Reggio Emilia, Camillo Prampolini cedette un suo terreno ad una cooperativa operaia che pietra su pietra, mattone su mattone costruì se non la prima una delle prime case del popolo. Oggi quell’edificio ospita un esperimento utopico che riguarda la gastronomia, proprio in un territorio segnato dalla retorica delle eccellenze gastronomiche, dal parmigiano reggiano e dal prosciutto di Parma.

Nella stessa tappa, nello stesso giorno di cammino, il viandante incontra la sede Coopservice, gigante cooperativo trasformatosi in controparte padronale. Si arriva fino alla Milano di Expo, lungo un percorso che è anche un ipertesto, un’indagine alla radice delle parole, della perversione di concetti come «partecipazione» e «bene comune». Come ha notato anche l’Economisti, con la mangiatoia globale dell’Esposizione universale, il supermercato italiano mette in vendita i gioielli di famiglia, raschia il fondo del barile in nome della distopica utopia che si nasconde nel luogo comune «potremmo campare di turismo». Ecco perché il bene comune, il paesaggi, la retorica del territorio, le ricette delle nonne e le spiagge nascoste, vengono oramai tirate in ballo a destra e a manca.

O perché si confonde l’ecologia con la paranoia del decoro. Annota Wu Ming 2 lungo il cammino: «Le battaglie per il paesaggio, per rendere migliore il luogo dove si vive, rischiano di colpire il popolo dei margini, se alla lista degli inquinanti da combattere non si aggiungono l’oppressione e il pregiudizio. Rivendicare un diritto impone l’interrogarsi su quanti ne sono esclusi. Altrimenti le prossime ruspe arriveranno in difesa dei beni comuni».