Fra pubblicazioni e convegni nonché seminari di studi, il centenario della Rivoluzione d’Ottobre è trascorso senza cogliere fino in fondo il significato politico di quell’evento che Gramsci caratterizzò, nei Quaderni del carcere, nel modo seguente: «la sola filosofia è la storia in atto, cioè è la vita stessa. In questo senso si può interpretare la tesi del proletariato tedesco erede della filosofia classica tedesca – e si può affermare che la teorizzazione e la realizzazione dell’egemonia fatta da Ilici è stata anche un grande avvenimento metafisico». Ilici, ossia Lenin, si era reso protagonista di un fatto, la Rivoluzione, che affondando le sue radici nella storia del proletariato tedesco, erede della filosofia classica tedesca ma la cui azione era la pratica attuazione del marxismo di Marx, si realizzava nelle forme dell’egemonia come sintesi di filosofia e politica. Proprio intorno all’importanza dell’Ottobre sovietico come fatto politico, evento non casuale, eppure «metafisico» nella sua essenza ideologica, ragiona Sergio Gentili in Questo è un fatto e i fatti sono ostinati. Lenin e l’Ottobre ’17. Una lettura politica (Bordeaux, pp. 227, euro 18).

GIÀ NELLA PREFAZIONE Michele Prospero sottolinea la particolarità del libro: far parlare i fatti sottraendoli alle strumentalizzazioni di cui spesso le vicende della Rivoluzione sono state oggetto. Da questo punto di vista la ricostruzione che l’autore propone delle vicende che condussero all’evento rivoluzionario è puntuale: la situazione della Russia zarista a partire già dalla rivoluzione del 1905, poi la prima guerra mondiale, la rivoluzione del febbraio del 1917 e l’irruzione sulla scena di Lenin con le Tesi di aprile nelle quali vengono poste le basi dei successivi decreti sulla pace e sulla terra (entrambi compaiono nella ponderosa appendice intitolata Scritti di Lenin). La storia si interrompe con l’inizio del «comunismo di guerra» o meglio, come scrive Gentili, con «un’altra storia, quella dell’Unione Sovietica».
Uno degli aspetti della Rivoluzione d’Ottobre preso spesso in considerazione per definirne una caratteristica totalitaria ancor prima della presa del potere da parte di Stalin fu lo scioglimento dell’Assemblea costituente. Anche se Gentili non affronta la questione (sembra la ritenga parte di quella «storia dell’Unione Sovietica» e inserisce nell’appendice soltanto lo scritto leniniano intitolato Tesi sull’assemblea costituente del dicembre del 1917) in realtà è un fatto che appartiene alla storia politica della Rivoluzione d’Ottobre. Infatti, seppur pubblicato nel gennaio del 1918 sulle Izvestia, nel Decreto di scioglimento della Costituente sono presenti tutte le argomentazioni che Lenin presentava nel testo della fine dell’anno precedente.

ANCHE QUESTO È UN FATTO: rileggendo i due testi, si nota come il secondo sia una rielaborazione del primo in una chiave politica molto più accentuata con la quale il politico Lenin vuole mettere in evidenza come il passaggio dalla Repubblica borghese alla Repubblica dei soviet abbia bisogno di una forma di rappresentanza che la Costituente non può assicurare in quanto espressione di uno stato borghese e non delle forze che veramente hanno operato la rivoluzione, ossia operai, soldati e contadini.
Quindi anche lo scioglimento della Costituente rientra, non considerando gli sviluppi futuri della politica interna dell’Unione Sovietica, fra quei fatti la cui ostinazione ha reso comunque possibile un evento epocale – proprio nel senso di un salto storico. È vero, come ha scritto Reed, spesso citato da Gentili, che quei dieci giorni sconvolsero il mondo; e se moltitudini vi hanno fatto riferimento nell’ottica della liberazione dallo sfruttamento, qualcosa è successo. Allora, altro che tanto peggio per i fatti; piuttosto, chi ha paura di bagnarsi, non scenda in acqua!