Gli scienziati vengono ricordati per le loro scoperte, ma anche per i misteri della loro vita. Questo è proprio il caso di Bruno Pontecorvo, fisico nucleare che nasceva il 22 agosto di cento anni fa a Marina di Pisa. Nel 1950 Pontecorvo, ricercatore presso il laboratorio atomico di Harwell (Gran Bretagna) sparì durante un viaggio in Finlandia. La nebbia di voci sulla sua sparizione si diradò cinque anni dopo nella fredda capitale dell’impero sovietico. Lo scienziato chiarì di aver attraversato la cortina di ferro e lavorare ora presso il centro nucleare di Dubna. Ma quali furono le ragioni della sua fuga? Chi lo aiutò? E cosa fece negli anni che la seguirono? A distanza di oltre mezzo secolo queste domande non hanno ancora una risposta.

Pontecorvo la strada dell’emigrazione l’aveva conosciuta molto presto e Mosca fu solo l’ultima tappa di un viaggio che era durato quasi tutta la sua vita. Bruno aveva lasciato Pisa per studiare con Enrico Fermi all’Istituto di Fisica di Via Panisperna a Roma. Laureatosi nel 1933, aveva quindi aiutato Fermi e i suoi collaboratori a definire le esperienze e le leggi sulla produzione di sostanze radioattive. Si trattava di ricerche rivoluzionarie, visto che si riteneva allora che la radioattività fosse naturale ma non riproducibile. Le ricerche resero il piccolo gruppo celebre e valse il premio Nobel al loro leader. Per Pontecorvo tuttavia l’esperienza durò poco visto che nel 1937 era già a Parigi per lavorare con Irène Curie e suo marito Frédéric Joliot. Un viaggio questo che lo allontanò dal regime fascista, che non ammirava, e lo avvicinò invece all’esperienza del Fronte Popolare dove i Joliot-Curie avevano un ruolo di spicco.

L’inizio della seconda guerra mondiale rappresentò per Bruno e sua moglie, la svedese Marianne Nordblum, l’occasione per un’altra fuga. Catapultato nell’arido stato dell’Oklahoma (Stati Uniti) Bruno tirava avanti grazie al suo genio che gli consentiva di applicare i principi appresi a metodi innovativi per trovare il petrolio. Pontecorvo però passò rapidamente agli studi sull’energia nucleare dirigendosi verso il Canada, nel 1943, e il progetto segreto Tube Alloy, «fratello minore» del più famoso progetto Manhattan per la costruzione della prima bomba atomica. Arruolato dal governo inglese, lo scienziato di Pisa si occupò di progettare il primo reattore di potenza ad acqua pesante mai realizzato al mondo.

Dopo la guerra il versatile Bruno era quindi diventato uno dei pochissimi esperti nel campo dell’energia nucleare. Pontecorvo osservò l’escalation della guerra fredda da Harwell, essendo tornato, nel 1949, in Europa. Fu l’ultima tappa prima della sua grande fuga.

Le vicissitudini di Pontecorvo in Inghilterra lo spinsero lontano. La Nato era appena nata, mentre gli scienziati nucleari entravano prepotentemente nell’arena della politica. Alcuni, a causa delle conseguenze devastanti degli ordigni atomici, rigettarono fermamente l’idea di poter partecipare a nuove ricerche e si mobilitarono per la pace. Altri subirono la repressione che seguì l’accusa, specialmente nell’America maccartista, di essere una «quinta colonna» al servizio dell’Unione Sovietica. Vessati dai servizi di sicurezza, si ritrovarono al centro di indagini miranti ad accertare contatti illeciti e relazioni con partiti politici. Klaus Fuchs, collega di Pontecorvo ad Harwell, fu condannato per aver passato segreti ai servizi di Mosca. Pontecorvo si ritrovò dunque nel suo stesso vortice indiziario in cui il sospetto contava più della prova.

Quando l’agente di Scotland Yard ad Harwell scoprì che suo fratello Gillo (poi regista di fama mondiale) era comunista raccomandò immediatamente che Bruno fosse dimesso. Così, con l’estate del 1950 ormai alle porte, vi fu la prospettiva di un nuovo viaggio, stavolta clandestino. La decisione di partire fu presa repentinamente durante le vacanze in Italia e la sua organizzazione fu resa possibile dall’intervento di un apparato segreto all’interno del Partito Comunista Italiano. Bruno era molto vicino a un suo cugino, il senatore Emilio Sereni, che aveva organizzato i Partigiani della Pace in Italia (Joliot fece lo stesso in Francia) e aveva anche un ruolo nel traffico di militanti e denaro tra l’Italia e Mosca. Il viaggio clandestino che portò la famiglia Pontecorvo prima a Stoccolma, poi in Finlandia, e infine in Russia fu pagato, sembrerebbe, con dollari provenienti da fondi neri del partito.

Dal 1950 Bruno Pontecorvo smise di viaggiare e rimase in Russia fino alla sua morte, avvenuta il 24 settembre del 1993. La rinuncia a viaggiare fu una conseguenza di severe restrizioni ordinate dal partito (e quindi concausa nella sua successiva disillusione per la sua ultima meta). Ma si ritagliò un ruolo di primo piano nello studio delle particelle elementari e le sue ricerche pionieristiche sui neutrini lo portarono a spiegare il mistero della riduzione di quelli solari anche se, forse a causa della sua fuga, ben pochi riportarono le sue congetture.

Bruno chiarì quindi di aver lasciato l’Europa a causa della sua insoddisfazione per il modo in cui la scienza nucleare era stata utilizzata facendone quindi un precursore del pacifismo. Ciò tuttavia ancora non ci consente di capire cosa fece dopo la sua fuga quando la corsa agli armamenti rendeva i sovietici avidi proprio di quelle conoscenze che Pontecorvo possedeva. Il mistero di uno scienziato in fuga dalla guerra fredda inizia dunque proprio lì dove finisce il viaggio dell’enigmatico Bruno.

*Centro per la Storia della Scienza, Tecnologia e Medicina, Università di Manchester