L’Eni ha deciso di divulgare ieri in Italia l’annuncio trionfale sui risultati del test di produzione del pozzo Zohr 2X a largo delle coste egiziane.

Mentre in Egitto i principali giornali hanno tra le prime notizie ancora il caso Reggeni con l’intervento dell’Europarlamento e quelli libici aprono sull’attesa dei raid americani, il Cane a sei zampe torna a accendere le luci sulla scoperta del giacimento di gas naturale «supergiant» considerato in grado di modificare le prospettive economiche e gli equilibri geostrategici dell’intero Mediterraneo, oltre capace che di rafforzareil potere del generale-presidente Abd al-Fattah Al Sisi nel paese dei faraoni.

Com’è noto, il giacimento Zohr è un enorme serbatoio di roccia dura e compatta grande 100 chilometri quadrati contenente, si calcola, 850 miliardi di metri cubi di gas, pari a 5,5 miliardi di barili di greggio equivalente. Il pozzo Zohr 2X, distante un chilometro e mezzo dal primo pozzo Zohr 1X, nel blocco di Shorouk, dista 120 chilometri dalla costa, ed entrerà in produzione, cioè diventerà un vero pozzo di estrazione solo nel 2017. Il test, condotto a febbraio con 1,3 milioni di metri cubi di estrazione al giorno, ha confermato le potenzialità di produzione, che si stimano fino a 7 milioni di metri cubi al giorno (46 mila barili equivalenti al giorno).

L’Eni ha inoltre confermato che ha iniziato i lavori per l’impianto di trattamento onshore, a terra, e che entro il 2016 conta di avviare la perforazione di altri tre pozzi sempre nella concessione di sfruttamento di Shorouk, a largo del Canale di Suez, che la società di San Donato Milanese detiene al 100 per cento attraverso la controllata Ieoc Production Bv.

Nel frattempo si dovrà chiarire come il gas sarà commercializzato. In parte sicuramente verrà utilizzato dall’Egitto stesso, ora pesantemente indebitato, per abbassare i costi di approvvigionamento energetico. In parte probabilmente sarà liquefatto e imbarcato per raggiungere i rigassificatori italiani, ora largamente inutilizzati, come quello enorme davanti a Livorno. Non è invece ancora chiaro se i pozzi di Zohr riusciranno a collegarsi al gasdotto in via di progettazione per portare il metano dei giacimenti israeliani di Leviathan e Tamar verso la Turchia e la Grecia.

Fino a due anni fa, prima della scoperta di Zohr, anche l’Egitto sembrava interessato a sfruttare le nuove scoperte fatte in Israele, ma adesso Al Sisi contava di dare all’Egitto l’autosufficienza energetica grazie all’Eni entro il 2020 o 2022, dando impulso a una economia in crisi dal 2008 con ancora il 30% della popolazione sotto la soglia della fame (con meno di un dollaro al giorno per vivere). L’Eni con il comunicato di ieri ricorda che è presente in Egitto dal 1954. Gli interessi comuni sono ora tanto più rilevanti, sembra voler suggerire.

Il presidente Al Sisi intanto, con l’occasione di esercitazioni militari, è in missione in Arabia saudita, dove la società di Stato Aramco annuncia di voler raddoppiare l’estrazione di gas nei prossimi dieci anni. Sarà anche per questo che a Piazza Affari, dopo un inizio euforico, i titoli Eni e Saipem sono crollati di oltre il 3 per cento.