Una Biennale dello spettacolo particolarmente attraente e costellata di promesse eccellenti è quella presentata ieri a Roma, nel contenitore dell’Ara Pacis, dal presidente dell’ente veneziano Paolo Baratta. Anche lui, come tutti i direttori dei diversi settori, vedrà scadere il proprio mandato alla fine di questo 2015, anche se non è impossibile, a termini di regolamento, che qualcuno di loro (compreso il presidente) venga riconfermato. Dipenderà soprattutto dagli appetiti che si aggireranno attorno a quelle cariche, e dall’asso pigliatutto che si è rivelato l’inquilino di palazzo Chigi.

Erano stati annunciati pochi giorni fa coloro che saranno insigniti del «leone d’oro alla carriera», e anche su questo fronte il 2015 premia delle vere eccellenze (ce ne erano state anche negli ultimi anni, ma in maniera piuttosto «discontinua»). Christoph Marthaler, Anne Teresa de Keersmaeker e Georges Aperghis, sono dei nomi indiscutibili, ai primi posti del panorama internazionale, e la Biennale ha proprio il compito di sottolinearne il valore e la novità. Saranno presenti anche con le loro opere, o con omaggi a loro dedicati. Altrettanto importante è il rilievo dato alla Biennale Collège, ovvero a quel processo di formazione che permette da qualche anno a giovani attori, danzatori e musicisti di confrontarsi con nomi di peso del loro settore, per afferrarne il «metodo» e possibilmente «rubare» qualcosa della loro esperienza. Molti sono quest’anno i risultati di questi confronti, cui sarà possibile assistere.

A cominciare dalla danza, che concentra in quattro giorni (25-28 giugno) questa possibilità, ovvero il lavoro compiuto nelle tre settimane precedenti nei laboratori condotti da artisti famosi o promettenti con danzatori di nuova generazione, in maniera itinerante attraverso i luoghi più famosi di Venezia. Negli stessi giorni si potrà assistere a una piccola summa del lavoro di questi ultimi anni del direttore Virgilio Sieni, ovvero Il vangelo secondo Matteo. Il 27 la «leonessa d’oro» De Keersmaeker si esibirà nella coreografia che qualche anno fa la rivelò, Fase, su musica di Steve Reich.

Per il teatro invece (30 luglio- 9 agosto), sarà proprio il premiato Marthaler a inaugurare quello che sarà finalmente un festival, oltre che laboratorio. L’artista svizzero presenterà nella data di apertura il suo curioso Das Weisse vom Ei/Une île flottante, variazione da pasticceria acida su un classico di Labiche (il suo altrettanto imperdibile King Size sarà al Fabbricone di Prato dal 24 al 26 di aprile). È una buona occasione per accostarsi finalmente a uno dei maggiori artisti europei, autore di un teatro disincantato e perfino crudele, anche se al centro c’è spesso il candore e perfino lo humour di personaggi vittime delle situazioni. La sua abilità nel mescolare la parola e la musica ne fanno insieme un autore popolare quanto avanzato nella rappresentazione del mondo, oggi ai vertici della scena europea.

A fianco a Marthaler ci saranno anche altre presenze nuove alla Biennale, a cominciare dalla Agrupacion Señor Serrano (titolo dello spettacolo A house in Asia) cui è stato attribuito il leone d’argento per l’innovazione, ma che è praticamente sconosciuta da noi, e il teatro politico di Milo Rau: il suo Hate Radio racconta la storia scabrosa della emittente che contribuì pesantemente a scatenare il razzismo, fino al genocidio, contro le popolazioni tutsi in Rwanda nel 1994.

Mentre la brasiliana Christiane Jatahy offre una sua particolare Signorina Giulia strindberghiana. È un ritorno invece quello di Lluis Pasqual con Il cavalier d’Olmedo di Lope de Vega. E ritorni, per quanto prestigiosi, sono quelli che il direttore Alex Rigola ha voluto attorno a sé in questi anni, da Thomas Ostermeier (con una sua fassbinderiana Maria Braun) e Castellucci con le sue Scene d’Amleto, fino a Jan Lauwers. Ma sarà comunque una Biennale ricca, ulteriormente arricchita da molti laboratori per i giovani artisti, e per i diversi workshop tenuti dai registi di maggior smalto. Un pieno agostano deciso a lasciare un buon ricordo nel pubblico.