Anche dal Sudan arriva una vittoria, seppure a metà: ieri il parlamento ha sì approvato lo stato di emergenza ordinato dal presidente al-Bashir, ma lo ha tagliato: non un anno come previsto dal decreto, ma sei mesi.

Lo stato di emergenza è stato imposto il 22 febbraio per le proteste: esplose a metà dicembre per la carenza di carburante e la seguente impennata dei prezzi sono presto divenute una sollevazione contro il trentennale regime. Con il decreto Bashir ha militarizzato il Sudan, regalando ulteriori poteri a esercito e polizia e sostituendo ministri e governatori con i militari.

Ieri i parlamentari ne hanno ridotto la durata definendolo un’erosione dei diritti fondamentali, soprattutto in vista delle elezioni presidenziali del 2020. Non cessa però la protesta: le opposizioni insistono per la totale cancellazione del decreto che permette alle forze armate di condurre arresti più arbitrari di prima.

Tra gli ultimi la vice presidente del partito Umma, Mariam Sadiq al-Mahdi. Sabato nove donne sono state condannate a 20 frustate per aver manifestato.