“Ti dico una roba, cazzo: Leith non morirà mai”… “Forse Leith no, capo, ma morirà la Leith che conosciamo noi”. Il colorito scambio tra Frank “Beggar” Begbie e un profetico Danny “Spud” Murphy in Porno inquadra alla perfezione quanto successo negli ultimi venti anni nell’area di Edimburgo dove sono ambientati numerosi romanzi di Irvine Welsh. Oltre a Porno, Trainspotting, Skagboys e l’ultimo, ancora non edito in Italia, Dead Men’s Trousers sono quelli con protagonisti i due già citati gentiluomini e i loro compari Mark “Rents” Renton e Simon “Sick Boy” Williamson. Tutti leithiani purosangue.

È vero, la Leith di quando in gioventù la combriccola era dedita al consumo smodato di droghe, alcool e ultra-violenza è cambiata parecchio. Ma come i nostri hanno conservato, ridimensionandole un po’, alcune vecchie abitudini, anche l’area del porto della capitale scozzese sta provando a scendere a compromessi con un esteso piano di rigenerazione. Con alterne fortune.

Che poi come scopre il buon Spud durante le scalcagnate ricerche per il suo improbabile progetto letterario, Leith ha fatto storia a sé fino al 1920, quando fu annessa a Edimburgo nonostante in un referendum la popolazione locale avesse espresso parere contrario.

Essendo frequentatori della “Atene del Nord” dagli inizi degli anni Novanta, possiamo confermare che la ruvida atmosfera dell’epoca di Trainspotting si è alquanto sfumata. Ce ne accorgiamo passeggiando sotto la sottile pioggia dicembrina su “quella gran vecchia arteria” del Leith Walk, che dalla elegante New Town georgiana ti catapulta fino al porto. Il proliferare di bar hipster e ristoranti alla moda ha reso più “attraente” anche questo distretto, in passato rigorosamente escluso dagli itinerari turistici. Verso il porto è un trionfo di stelle Michelin – pare ci sia la più alta concentrazione di tutta la Scozia – e tanti vecchi edifici sono stati completamente ristrutturati. L’area dei Docks, con le sue case moderne ma con uno stile che getta uno squardo al passato, richiamano alla mente la medesima operazione immobiliare condotta sulle rive del Tamigi a Londra. Il porto, per decenni affollato centro di traffici commerciali e intensa vita sociale, si è trasformato in una tranquilla – fin troppo – zona residenziale. Decisamente qui una parte importante della vecchia Leith è morta e sepolta.

Un’altra spia del cambiamento o presunto tale sono i pub, che giocano un ruolo fondamentale nella narrazione Welshiana.

A dire il vero al Central sembra che il tempo si sia fermato. Fatta salva qualche fisiologica aggiustatina, ci appare praticamente identico a quando lo avevamo visitato per la prima volta oltre 25 anni fa. Cornici vittoriane, vetrate e mattonelle del soffitto con scene di caccia, pesca e golf, pensionati che sorseggiano una pinta di lager e raccontano di quando accanto c’era la stazione dei treni. Quella a cui il pub deve il suo nome è stata attiva dal 1903 fino agli anni cinquanta, poi per altri due decenni ha funzionato come deposito, prima di essere abbandonata e diventare luogo di ritrovo dei reietti di Leith. È lì che Rents e Begbie incontrano proprio il padre di quest’ultimo, così devastato dal demone della bottiglia da venire scambiato per un barbone. Ora al posto della Central Station c’è un Tesco, la principale catena di supermercati del Regno Unito.

A due passi dalla statua del sommo poeta Robert Burns si trova un altro “sopravvissuto” che preserva una genuinità difficile da trovare altrove. È il Port O’Leith, il quale nei libri di Welsh dovrebbe corrispondere alla Port of Sunshine Tavern, rilevata da Sick Boy e divenuta set di film pornografici.

Tanti i pub, invece, che hanno chiuso o sono stati modificati geneticamente, come il Volunteer Arms. Quello che per tutti era il Volly aveva la segatura sul pavimento, apriva all’alba ed era il rifugio di una umanità quanto mai variegata. Per questo rappresentava un’ambientazione perfetta per i racconti di Welsh – una delle tante risse inscenate da Begbie si svolge proprio qui. Qualche anno fa è stato traformato in un whisky bar di tendenza. Ora si chiama Mousetrap e dubitiamo abbia rispolverato le “vecchie” abitudini. Nei pressi del Mousetrap c’è una sorta di muro composto del pianto composto da graffiti e cartelli che coprono un intero blocco di edifici, pro memoria per i governanti di come da queste parti la disoccupazione sia ancora più alta del resto della città e di quanto le speculazioni immobiliari rappresentino una minaccia per le fasce più deboli. E di come quella porzione di Leith Walk vada preservata, invece di stravolgerla con un progetto a dir poco controverso e contestato. Per il momento è tutto sospeso, in futuro chissà.

Spostandoci verso ovest abbandoniamo in maniera definitiva la “Edimburgo da Cartolina”. Qui la riqualificazione urbana ha avuto meno successo. Tuttavia l’allibratore con la “latrina più schifosa del mondo” – protagonista della scena super onirica del Trainspotting diretto da Danny Boyle – ha chiuso per sempre, mentre i vicini palazzoni ultra-decrepiti di West Granton, dove il povero Tommy muore divorato dall’AIDS, sono stati demoliti. Forse di quelli sentiremo tutti un po’ meno la mancanza.