In paese tutti la chiamano Fraulein, signorina, un sarcastico riferimento alla sua condizione di donna adulta non sposata. Lei è Regina, proprietaria dell’hotel che porta il suo nome in un paese di confine del nord Italia, dove il tedesco viene spesso preferito all’italiano. È lei la protagonista che dà il titolo al film appena uscito in sala di Caterina Carone – Fraülein.

Una fiaba d’inverno – primo lungometraggio di finzione girato dalla regista del documentario Valentina Postika in attesa di partire, vincitore nel 2014 della sezione Italiana.Doc del Torino Film Festival.Da tempo, l’hotel di Regina ha chiuso i battenti, ed è abitato soltanto dalla protagonista insieme alla sua gallina Marilyn. Una reclusione volontaria turbata dall’arrivo di un ospite inatteso: Walter (Christian De Sica), che non ha nessuna intenzione di andarsene nonostante l’ostilità della proprietaria.

Il luogo indefinito in cui si svolge il film, spiega la regista, è l’Alto Adige: «Mentre scrivevo la sceneggiatura sono venuta a conoscenza di un bando della Film Commission per un film da ambientare in quella regione». Proprio nel luogo in cui Carone, classe 1982, aveva frequentato la scuola di documentario Zelig di Bolzano, dove si è diplomata nel 2007 con il mediometraggio Le chiavi per il paradiso. «Quando ho iniziato gli studi ero convinta di voler girare solo documentari», ricorda la regista che l’anno successivo ha vinto il premio Solinas proprio con il progetto di Valentina Postika, la storia di un anziano partigiano e della sua badante moldava. «Col tempo però ho capito che la narrazione è l’aspetto più importante sia del cinema di finzione che del documentario, e così ho sentito l’esigenza di scrivere una sceneggiatura». Un progetto diventato realtà grazie all’incontro con il produttore Carlo Cresto-Dina, che le consente di portare sullo schermo la storia di Regina, interpretata da Lucia Mascino: «Le sono molto grata – dice Carone – perché ha accettato di nascondere la sua femminilità, nell’orizzonte di un cinema italiano in cui a dominare sono due stereotipi femminili: la fragile donna materna o quella rampante e sexy».

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Come è nata la storia di Walter e Regina?

Già nei miei documentari ero soprattutto interessata ai rapporti a due, in cui c’è un provocatore e una persona che inizialmente lo subisce, ne è infastidita, ma poco a poco si scioglie. Fraulein è anche un film corale, con tanti comprimari, ma fondamentalmente è la storia di uno scontro che diventa un incontro. Grazie alla loro relazione Regina e Walter riescono a diventare più fiduciosi nei confronti degli altri.

Al film hanno partecipato le stesse collaboratrici impegnate nei suoi precedenti documentari.

Volevo lavorare con le persone con cui ho studiato e con le quali ho iniziato a fare questo mestiere: Melanie Brugger, direttrice della fotografia e operatrice, ed Enrica Gatto, la montatrice. E non solo per una questione di amicizia. Da regista alla sua opera prima avrei potuto richiedere un direttore della fotografia affermato, ma volevo dimostrare di saper fare un film da sola, dato che in questi casi capita spesso che sia il fotografo a dirigere. Poi penso serva far lavorare maestranze giovani e talentuose come loro, che altrimenti rischiano di non avere molte opportunità.

È curiosa la scelta di De Sica per il ruolo di Walter…

Spesso si ricorda Christian solo per i cinepanettoni, ma in realtà è un grandissimo attore e mi incuriosiva una figura come la sua, capace di passare dai cinepanettoni a progetti più ricercati. È stato proprio il personaggio che avevo scritto a ricordarmelo: un uomo signorile, quasi d’altri tempi ma al contempo buffo, bizzarro. Inoltre era perfetto per il «messaggio» al cuore del mio film: la commedia esiste da millenni, e proprio la sua storia nel nostro paese ci insegna che può avere molte anime. Ma in Italia viene oggi considerata un genere di seconda categoria. Per questo ho voluto fare un film d’autore che fosse anche popolare, capace di raggiungere più persone.