Quando le nuvole si abbassano sul fondovalle, qui brilla il sole. E sopra quel mare bianco rimangono ben in vista la vetta del Monviso e il prossimo Monviso Institute a Borgata Serre de Lamboi a Ostana. Si tratta di un campus e laboratorio di sostenibilità alpino, attualmente in costruzione secondo rigidi e innovativi modelli di bioedilizia. Solo legno, canapa e pietra: una casa assolutamente «verde».

Tobias Luthe, docente di scienza della sostenibilità al Politecnico di Zurigo, ha scoperto questo luogo vagando in camper per le valli alpine del Piemonte. Cercava un posto dove creare un posto per vivere (e insegnare) la sostenibilità e così ha intercettato il «Rinascimento» di Ostana, un comune che del mix tra rispetto delle tradizioni e innovazione ha fatto un mantra. Ottenendo numerosi riconoscimenti: il premio internazionale Constructive Alps, il premio europeo del Paesaggio conferito dal ministero dei Beni culturali, il premio Comunità forestali e sostenibili di Legambiente.

Luthe e il suo staff hanno acquistato sei case di pietra disabitate da almeno quarant’anni, oltre a un ettaro di terreno, e con il supporto dell’amministrazione locale stanno costruendo il campus. Sarà un centro alpino in costante evoluzione che si occuperà di ricerca, formazione e imprenditoria per lo sviluppo sostenibile e per la progettazione sociale ed ecologica. «Un progetto di resilienza – racconta il docente con in mano gli attrezzi di lavoro – che guarda a un futuro compatibile. È rivolto a studenti e professionisti, ma non solo».

Al centro del campus ci saranno due gruppi di edifici, il Tribal Hub e il Basecamp, che consentiranno di ospitare i partecipanti ai soggiorni didattici. L’Infoseum, il Fab Lab e l’Observatory mostreranno materiali e soluzioni energetiche diverse e innovative, e nel contempo serviranno per fare ricerca e progettazione e per educare il pubblico a un nuovo stile di vita. E, poi, c’è il Doppio, all’interno previsti due appartamenti, che Tobias e la sua squadra stanno edificando. «Non ci sarà bisogno di una caldaia – spiega Luthe – perché sul lato sud del tetto ci saranno pannelli solari, di aspetto simile alle lose di Luserna sul lato opposto, che produrranno energia a sufficienza. Teniamo, infatti, conto dei cambiamenti climatici e di come contrastarli ecco perché il vecchio motto “agire locale, pensare globale” è sempre valido. Il legno è di larice, di castagno locale e di abete tedesco. Ampio uso si farà della canapa, che coltiviamo nel campo qui sopra, sia come isolamento dell’edificio sia come cemento. Inoltre, stiamo studiando la realizzazione di sci con fibre di canapa combinate al legno di paulownia, leggero come il carbonio. Ci sarà, anche, un orto per la permacultura».

Un luogo vivo. D’altronde, Ostana nella sua rinascita non ha mai voluto ricadere nella staticità della borgata-museo, l’idea perseguita è stata quella della comunità come nucleo fondante. Per garantire l’omogeneità delle ristrutturazioni e il rispetto per il genius loci, l’amministrazione comunale nel 2011 ha redatto un «Manuale delle linee guida e degli indirizzi tecnici per gli interventi di recupero ed ex novo», utilizzato, per esempio, per il recupero della borgata Sant’Antonio, poco più in basso del Monviso Institute. Lo studio è stato curato dal dipartimento di Progettazione architettonica e di Disegno industriale del Politecnico di Torino ed è il frutto di un’attenta analisi sulle modalità costruttive delle pre-esistenze locali, seguita dalla progettazione di ipotesi di recupero compatibili con animo e consuetudine di Ostana. A farla da padroni, legno e pietra, pilastri dell’architettura tradizionale di montagna. «Le soluzioni proposte, lontane da ogni retorica, reinterpretano i materiali della tradizione per soddisfare le esigenze di stile e sostenibilità contemporanee», precisa l’amministrazione guidata dal sindaco Giacomo Lombardo.
Il Monviso Institute è all’interno di questa logica. E potrà servire come modello per il rilancio delle comunità montane e per lo sviluppo di un’economia dei servizi circolare, più elastica, sulla base di innovazioni sostenibili, dalle energie rinnovabili, alle reti intelligenti, al turismo responsabile.

«Immaginiamo – aggiunge il professor Luthe – workshop per progettare il futuro. Interrogandoci sui lavori che si possono fare qui in montagna, dal turismo all’agricoltura».

E a proposito di agricoltura, poco più in alto, si può incontrare l’esperienza di Serena Giraudo, 26 anni, originaria di Fossano, nuova montanara con il marito Andrea, vera e propria avanguardia nel recupero delle coltivazioni a 1.500 metri d’altezza dove ha avviato «L’orto di Ostana», che produce ortaggi, legumi e piccoli frutti con certificazione biologica, utilizzando parte dei terreni rimessi a coltura grazie alla costituzione dell’associazione per la ricomposizione fondiaria su base volontaria, attivata nel 2013 dal Comune. «Qui, dove di notte puoi incontrare i cervi, si può produrre il vero biologico, senza nessuna contaminazione ambientale», racconta Serena mentre raccoglie cavoli cappuccio viola. «Ho studiato tecniche erboristiche e sono arrivata a Ostana tre anni fa, appassionata di montagna come mio marito Andrea, che ho conosciuto suonando il violino negli “Aire di Ostana”, gruppo di musica occitana». Serena sta attrezzando un laboratorio per fare tutte le trasformazioni dei suoi prodotti: confetture e conserve di verdure. Insomma, il «Rinascimento» di Ostana continua.