L’Egitto non è un paese per gay. La polizia egiziana potrà espellere gli stranieri omosessuali, turisti o residenti nel paese, e impedire che rientrino.

È questa la sentenza discriminatoria emessa ieri dalla Corte amministrativa del Cairo. I giudici hanno respinto così un ricorso che impugnava la decisione del ministero dell’Interno di espellere dal Cairo un cittadino libico.

Il caso risale al 2008, la sentenza venne giustificata con la motivazione di preservare l’«interesse pubblico, religioso e i valori sociali». La sentenza potrebbe mettere a dura prova il turismo in Egitto già da mesi colpito dall’instabilità che attraversa il paese.

Lo scorso dicembre 33 omosessuali vennero arrestati in un bagno pubblico nel quartiere Ramsis al Cairo.

Una giornalista della televisione pubblica riprese le circostanze dell’arresto degli uomini e fu lei stessa ad avvertire la polizia della presenza di gay nell’hammam. I presunti omosessuali risultano tutti scarcerati. Pochi mesi prima un gruppo di uomini è stato tratto in arresto per aver inscenato un presunto matrimonio omosex su un barcone al largo del Nilo. È in corso in Egitto una vera e propria campagna contro gli omosessuali.

Infine la Corte di Cassazione ha messo sotto inchiesta due giudici, Hisham Abdel Gabbar e Hisham Abdel Raouf, che erano in procinto di proporre una legge anti-tortura in uno dei paesi dove si fa più ricorso a queste pratiche in carcere al mondo. I due avevano partecipato ad incontri di alcune ong egiziane per la stesura di una norma che inserisse il reato di tortura nel diritto penale.