Nuovo fronte aperto tra Lega e M5S proprio mentre rischia di arroventarsi quello sul decreto dignità. Stavolta si parla di armi, anzi di «legittima difesa» e il capitolo figura in bella mostra nel «contratto». Solo che i contraenti non avevano specificato cosa s’intendesse e il tempo per chiarirlo non c’è. La commissione Giustizia del Senato ha infatti di fronte un disegno di legge popolare in materia, al quale se ne sono ovviamente aggiunti altri tra cui quelli leghisti. Il tempo dunque stringe anche perché a norma di nuovo regolamento una legge d’iniziativa popolare va incardinata entro un mese e deve approdare in aula entro tre, con o senza conclusioni della commissione.

Le scintille arrivano subito. Il Carroccio alla legge sull’uso delle armi ci tiene tanto da incaricare il presidente leghista della commissione, Andrea Ostellari, di fare anche da relatore. M5S però frena. Va in avanscoperta il senatore Urraro: «Necessaria analisi approfondita delle normi esistenti». Rincara il guardasigilli Alfonso Bonafede prima di tutto rimarcando che la materia riguarda la giustizia e non la sicurezza: è quindi competenza sua e non di Salvini. Poi assicurando che non ci sarà «nessuna liberalizzazione delle armi»: una precisazione nella quale echeggiano i dubbi sorti anche tra i 5S per quello strano accordo pre-elettorale tra il leader della Lega e i venditori d’armi. Infine Bonafede sottolinea che sì, si rivedrà l’«eccesso di legittima difesa», ma senza sacrificare «il principio di proporzionalità tra offesa e difesa».

Salvini si sbraccia per negare ogni dissenso: «Io e Bonafede siamo in piena sintonia. Non mi interessa il modello americano con le armi vendute in tabaccheria». Il premier Giseppe Conte in divisa da pompiere accorre per spegnere l’incendio prima che divampi: «Non vogliamo incitare alla giustizia privata o all’uso delle armi. Però si sono create incertezze sul piano applicativo e giurisprudenziale della legittima difesa che non giovano ai cittadini». In realtà quella di Conte è una posizione identica a quella di Bonafede, che aveva a propria volta accennato alla necessità di eliminare le «zone d’ombra» che gravano sulla «legittima difesa» del cittadino.

Checché ne racconti Salvini quella di Conte e Bonafede è una minimizzazione in piena regola: giusto un chiarimento per evitare equivoci. Robetta. Il Carroccio ha tutt’altre intenzioni. Vuole che la legittimità di chi spara sia estesa anche agli esercizi commerciali e aziendali, mira a rendere molto più difficile la contestazione dell’eccesso di difesa. La divaricazione è netta e Forza Italia ne approfitta. Il partito azzurro dichiara a raffica, da Carfagna a Sisto, da Gelmini a Gasparri. Tante voci un’unica nota: M5S vuole disinnescare e rendere inutile uno dei principali punti che figuravano nel programma del centrodestra. E la Lega che fa?

Già, che fa la Lega costretta ormai a misurarsi con i soci su tutti i tavoli, con il fiato di un partito azzurro, formalmente ancora suo stretto alleato pur se all’opposizione, che non perde occasione per bersagliare Salvini, fingendo di prendersela con i 5S, per accusarlo di cedere alla «cultura di sinistra» dei 5S? Per ora insiste nella strategia consistente nel negare l’evidenza e intanto nel trattare intrecciando i vari tavoli. In serata Bonafede minimizza anche lui: «Il governo è compatto. Daremo ai cittadini difesisi legittimamente la possibilità di non dover subire tre gradi di giudizio grazie a un testo chiaro». Come la chiarezza possa evitare i tre gradi di giudizio senza illegittimamente difendersi dall’art. 27 della Costituzione però lo sa soltanto lui.