La democrazia italiana è malata, forse in maniera irrecuperabile e gli sforzi per farla rivivere, se non indirizzati correttamente, potrebbero risolversi in un puro esercizio di accanimento terapeutico.
Le elezioni del 25 settembre hanno dato un colpo definitivo alla credibilità delle Istituzioni: il calo di nove punti della partecipazione è un segno del distacco crescente dalla politica di una quota imponente di cittadini, consapevoli di non contare nelle scelte importanti per il paese. La decisione della Corte Costituzionale di non ammettere i referendum sulla cannabis, l’eutanasia e la responsabilità civile dei magistrati ha aggravato la sfiducia. Con grande probabilità, alla consultazione del 12 giugno scorso, una valanga di sì contro per la criminalizzazione delle droghe leggere, per l’eliminazione di una norma paternalista del Codice Rocco e per la cancellazione di un privilegio dei togati avrebbe reso protagonista la società civile e in particolare i giovani, contribuendo a una diversa agenda politica per il parlamento: con ogni probabilità, lo ius scholae e la legge sul fine vita sarebbero divenute una priorità, assieme al diritto alla affettività per le persone detenute. E’ vero che la storia non si fa con i se, ma Giuliano Amato, impedendo il voto popolare, si è assunto una responsabilità storica che si è riverberata fino alla crisi del governo Draghi.

Torniamo al 25 settembre. Si è avuta la conferma degli effetti di una legge elettorale criminale per cui la coalizione di destra vincente (con 300.000 voti in meno del 2018 e con il 26% dei voti sul totale degli aventi diritto) si è aggiudicata 235 deputati su 400 e 112 senatori su 200.
Felice Besostri, avvocato e già senatore (protagonista della battaglia vincente sulla incostituzionalità del Porcellum e dell’Italicum), su L’Avvenire del lavoratori (29 settembre) ha pubblicato una Lettera aperta al Popolo italiano: in attesa che qualcuno chieda scusa per l’approvazione del Rosatellum, la legge con cui si è votato, Besostri fa notare che con le leggi incostituzionali la destra avrebbe ottenuto alla camera 220 seggi e non 235 e commenta: «Non potevo immaginare che la terza legge sarebbe stata peggiore delle due annullate». Da notare: il Rosatellum fu approvato con otto voti di fiducia (3 alla Camera e 5 al Senato) concessi dai Presidenti delle Camere in violazione dell’art. 72.4 della Costituzione. Lo stesso Besostri promette che lotterà contro una legge che limita i diritti costituzionali con il voto congiunto obbligatorio, le candidature multiple, la discriminazione delle minoranze linguistiche.

Siamo di fronte a una questione di capitale importanza e stupisce che il Presidente della Repubblica sia stato spettatore passivo. I commentatori imputano a Letta errori più o meno fondati, ma l’errore imperdonabile (di Zingaretti) è stato di consentire il demagogico “taglio” dei parlamentari senza contestualmente cambiare almeno la legge elettorale. Doveva essere allora la madre di tutte le battaglie, e perfino oggi non è all’ordine del giorno, tantomeno si riconosce l’errore. A confermare la gravità del quadro è la clamorosa difficoltà nei conteggi, che rende incerta l’attribuzione dei seggi: lungi dall’essere un semplice fatto tecnico, è da addebitarsi alla legge stessa, cervellotica e non trasparente. Nel seminario sulla crisi della democrazia (promosso una settimana prima del voto dalla Società della Ragione, insieme al CRS e Associazione Luca Coscioni), fra le priorità di impegno politico già erano emersi il rilancio dell’istituto referendario e la riforma della legge elettorale, per riannodare il legame fra i cittadini e le cittadine e le istituzioni democratiche .
L’esito delle elezioni ha confermato quanto su tale crisi sia importante ancora ragionare e quanto sia urgente mobilitarsi.