C’è davvero da gioire per la decisione delle Commissione Agricoltura del Senato in merito alla nuova legge sul biologico? In un mondo normale, bisognerebbe probabilmente manifestare tutto lo sgomento determinato dall’incredibile lasso di tempo che nel nostro Paese può trascorrere nell’iter legislativo che coinvolge i rami del Parlamento. Invece siamo chiamati a gioire. La stragrande maggioranza delle Associazioni ambientaliste ha accolto con favore la decisione, quasi che fosse una definitiva approvazione. In realtà, ci sarà ancora il passaggio dell’Aula del Senato, poi di nuovo della Camera per le leggere modifiche previste.

Eppure rappresentiamo l’avanguardia delle produzioni biologiche europee. Il nostro 15,8% di produzioni biologiche è quasi il doppio della media europea, con una crescita continua che negli ultimi dieci anni ha dimostrato quanto i nostri produttori abbiano deciso di credere nella sostenibilità. Con la nuova legge si consolida l’idea di un marchio del biologico italiano, di un tavolo tecnico sul settore e di un piano d’azione che con cadenza triennale rappresenti un continuo aggiornamento sul un comparto che ormai coinvolge più di 80.000 aziende, quasi 2 milioni di ettari, determinando un mercato che in Italia conta più di 4 miliardi di euro più 2 miliardi e mezzo di export. Non si può più parlare di nicchia, ma di un percorso virtuoso pienamente avviato. Sostenere le produzioni biologiche, razionalizzando la legislazione di riferimento, significa fare del bene al pianeta e non soltanto al consumatore. Se da un lato, infatti, è importante sottolineare l’assenza di residui di fitofarmaci ai fini della salute di chi consuma, da un altro lato produrre in biologico rappresenta un modo per garantire il rispetto delle risorse naturali del pianeta e un concreto approccio ecologico che oggi viene inequivocabilmente chiesto dalle Strategie della Commissione Europea legate al Green Deal.

Attendiamo, quindi, tempi virtuosi in cui si giunga all’approvazione definitiva di una legge nazionale sul comparto del biologico che ci faccia dimenticare presto la lunga attesa e, allo stesso tempo, la definitiva entrata in vigore del Regolamento UE 2018/848 agli inizi del 2022. Un regolamento molto importante anche perché garantisce un salto di qualità non indifferente per il mondo europeo del biologico, poiché finalmente mette al centro del modello di produzione temi quali l’impiego e la salvaguardia della biodiversità, della conservazione della fertilità dei suoli, della protezione delle infrastrutture verdi a garanzia degli insetti utili, oltre a introdurre molte innovazioni in tema di certificazione.

In questo percorso vorremmo oggi essere sicuri che non si rinnovino le voci che hanno tentato recentemente di scavare un solco culturale nel nostro Paese ponendo in due fronti contrapposti chi crede nella necessità di muoversi verso scelte di transizione ecologica e chi, al contrario, continua a immaginare modelli agricoli legati all’uso di fitofarmaci, in un’ottica industriale finalizzata alla massimizzazione del profitto «a tutti i costi». Vorremmo provare a gioire davvero questa volta.