Trenta senatori spaventano il Pd renziano. Almeno un po’. Oggi pomeriggio si cominciano a votare gli emendamenti alla legge elettorale, figlia prediletta del patto del Nazareno. I trenta senatori rifiutano il sistema di elezione dei nuovi deputati: capolista candidati in più circoscrizioni (fino a dieci) con il seggio garantito, preferenze solo per gli altri. I calcoli del senatore piemontese Fornaro dicono che in questo modo il 60% dei deputati sarebbero eletti con le liste bloccate, tutti del primo partito (il Pd secondo i sondaggi), e solo il 40% sarebbe scelto con le preferenze dagli elettori. Un po’ la replica del Porcellum, cancellato dalla Corte costituzionale. I 30 senatori confermano le loro intenzioni dopo un incontro di Renzi con il gruppo Pd, in cui il premier non concede nulla se non una nuova riunione oggi. I renziani denunciano addirittura un tentativo di «golpe», orchestrato da Bersani visto che il capofila dei senatori dissidenti è il bersaniano integrale Gotor. La manovra spaventa il premier, ma non per la dimensione della dissidenza (quasi un terzo del gruppo) visto che le defezioni sono già in corso (due giorni fa erano 37, ieri mattina 34, ieri sera 30), né per la tenuta della legge in aula visto che la fronda Pd non incrocia quella di Forza Italia. Ma per la partita del Quirinale, che scatterà immediatamente dopo e che sarà giocata con il voto segreto.

Legare il passaggio in aula di legge elettorale e riforme costituzionali con l’elezione del presidente della Repubblica fa ballare Renzi, ma è stata una scelta precisa. Mossa da pokerista, un all in giudicato dal premier l’unico modo per vincere sia la corsa sulle riforme che la partita del Quirinale, compensando le aspettative di Berlusconi con le richieste del suo partito. Una prima tessera del puzzle è già saltata, la riforma della Costituzione non riuscirà a essere approvata dalla camera entro il 29 gennaio, giorno di inizio delle votazioni per il successore di Napolitano. Non tanto per merito dei molti dissidenti annunciati, diventati assai pochi quando ieri si è votato il primo articolo – 13 per Forza Italia, il solo Civati nel Pd dove altri iper critici si sono assentati – quanto per l’ostruzionismo di grillini e vendoliani che ha rallentato l’esame degli emendamenti. Il passaggio più delicato è a questo punto quello dell’Italicum.

Ai senatori Pd Renzi ha continuato a presentare la soluzione del Nazareno sui capolista bloccati come una sorta di uninominale con preferenze, insistendo che in questo modo la maggioranza dei deputati sarà scelta con le preferenze. Se i calcoli della minoranza dicono l’opposto, i renziani spiegano che quando i partiti dal secondo classificato in giù (quelli che eleggono solo i capolista) presenteranno lo stesso candidato in più circoscrizioni, questi – pluri-eletto – dovrà necessariamente optare per un solo seggio e lasciare spazio ai candidati scelti con le preferenze. Resta un grave sospetto di incostituzionalità, segnalato nelle audizioni da molti giuristi, a proposito della disparità di trattamento tra candidati della stessa lista, alcuni garantiti e altri costretti a cercare le preferenze. Il modello proposto da Gotor, Chiti e altri limita i «nominati» dai partiti (lo sono tutti i deputati in carica con il Porcellum) al 30%. L’emendamento non ha chance, potrebbero però pesare trenta voti finali contrari all’Italicum, combinati con la dissidenza berlusconiana. Ma è assai improbabile che la minoranza voti effettivamente contro, tutt’al più resterà fuori dall’aula.
Nell’incontro di ieri Renzi ha anche minacciato di usare «strumenti parlamentari in grado di chiudere con la legge in 48 ore», secondo quanto riferisce Gotor. Il capo del governo non si fa scrupolo di atteggiarsi a guida dell’assemblea parlamentare e il trucco che ha in mente potrebbe essere un emendamento del senatore Esposito che riassume i punti salienti del patto del Nazareno in un breve emendamento da votare tra i primi: farebbe decadere quelli della minoranza. Segnali di guerra interna, confermati da un nuovo appuntamento con Berlusconi oggi. Renzi lo vedrà alle nove, prima di andare dai senatori, alcuni dei quali denunciano proprio come il segretario del partito sia più attento all’ex cavaliere che al Pd. Renzi, però, ha bisogno che Berlusconi lo garantisca su un altro emendamento, quello che attribuisce il premio alla lista e non più alla coalizione, ed è a questo altare che sacrifica le preferenze. Ragione per cui alzando il prezzo, e rinunciando ad affondare il colpo, la minoranza lo sta quasi aiutando nella trattativa. L’emendamento è il 1.7000 Finocchiaro, lo stesso che abbassa al 3% la soglia di sbarramento. Senza Forza Italia peserebbero anche i voti di Sel.