Una polemica tanto accesa quanto inutile. Il Pd, in più dichiarazioni e interventi, ricorda a Italia viva che sei mesi fa, l’ultima volta che si era parlato di una nuova legge elettorale, il partito di Renzi era favorevole al sistema proporzionale. Adesso i democratici vorrebbero risvegliare quel testo dal sonno della commissione e approvarlo alla camera entro agosto. O comunque prima del referendum sul taglio dei parlamentari. Potrebbe, il Pd, persino ricordare a Renzi che fu proprio la sua impuntatura a bloccare un altro genere di legge elettorale. Quella cosiddetta «spagnola» con soglie di sbarramento non a livello nazionale ma a livello di circoscrizione che piaceva di più a Leu. Ma ai democratici e ai 5 stelle parve preferibile scaricare la sinistra e tenere Italia viva. Il sistema spagnolo fu abbandonato e vide la luce il «Brescellum», cioè il disegno di legge per il proporzionale con soglia di sbarramento nazionale al 5% e diritto di tribuna, firmato dal presidente grillino della commissione affari costituzionali. Giuseppe Brescia.

Italia viva per tutta la giornata risponde al Pd che non è vero. «L’attuale testo in discussione alla camera non è stato né proposto né sottoscritto da Iv, nessun deputato lo ha firmato, è un’iniziativa del presidente Brescia», puntualizza il capogruppo renziano in prima commissione Marco Di Maio. Facendo un po’ finta di non capire, perché se l’unica firma in calce a quella proposta è quella di Brescia è proprio perché le richiesta di Italia viva avevano spaccato la maggioranza. La sera dell’8 gennaio, però, al termine del vertice che aveva visto le posizioni di Iv prevalere su quelle di Leu, proprio Di Maio firmava una nota con i rappresentanti di Pd e M5S nella quale si giudicava «un fatto positivo l’iniziativa annunciata dal presidente Brescia, la soluzione di agire sulla legge elettorale vigente adottando un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5% è una base su cui avviare il confronto in parlamento». A quel tempo Renzi era convinto di poter agguantare il 5% e non temeva quello sbarramento alto, dunque nella stessa sera faceva arrivare alle agenzie di stampa un secondo messaggio: «Italia viva ha un giudizio positivo sull’ipotesi di una legge elettorale proporzionale con soglia nazionale al 5%. Ma è contraria al diritto di tribuna che rischia di bypassare lo sbarramento». Di Maio, secondo il quale adesso «le priorità di questo governo e di questa maggioranza per noi devono essere il lavoro, la scuola, le famiglie, le imprese» è lo stesso che il 17 febbraio, al termine di una riunione della maggioranza, diceva che approvare in commissione la legge elettorale prima del referendum costituzionale (allora fissato il 29 marzo) era «una priorità» e che «da Iv c’è l’impegno totale a rispettare i tempi».

Poi Renzi ha cambiato idea, ha scritto nel suo libro e ripetuto ieri che Iv è per «una legge maggioritaria, l’unica che funziona è quella dei sindaci» – allusione forse al «suo» Italicum già dichiarato incostituzionale dalla Consulta. Ma soprattutto l’ex presidente del Consiglio vuole bloccare il «Brescellum», rimandando il discorso ai mesi a venire quando potrà immaginare meglio come presentarsi alle elezioni. Magari cambiando ancora idea sul sistema elettorale migliore. E poi Renzi sa molto bene che se la legge elettorale non si cambia allora resta il sistema in vigore, con la sua assai più agevole soglia di sbarramento al 3%.

Eppure, come ricorda il capogruppo di Leu alla camera Federico Fornaro, «era negli accordi che hanno portato alla nascita del governo il fatto che il taglio dei parlamentari debba essere accompagnato da un sistema elettorale con la formula proporzionale che può attenuare la compressione della rappresentanza determinata dal taglio dei parlamentari». Ha ragione (anche se magari era meglio pensarci prima di votare il taglio dei parlamentari). E ha ragione anche il Pd a denunciare l’incoerenza di Italia viva, la polemica è giusta. Ma è anche inutile, perché non servirà a recuperare i voti dei renziani. Senza i quali il «Brescellum» potrebbe essere approvato in commissione, ma assai difficilmente in aula alla camera. E certamente naufragherebbe al senato.