L’importante era presentare un testo, avviare formalmente l’esame in parlamento di una proposta di legge elettorale prima che, mercoledì prossimo, la Corte costituzionale decida in camera di consiglio se il referendum della Lega per una svolta totalmente maggioritaria sia o meno ammissibile. I rumors che sempre circolano prima di una decisione importante della Consulta, ma che non sempre sono attendibili, dicono che il quesito messo a punto dal leghista Calderoli per cancellare la quota proporzionale dalla legge in vigore e lasciare solo le sfide uninominali, non sia più spacciato in partenza. A maggior ragione i giallo-rossi hanno deciso di accelerare, anche a costo di partire con una spaccatura. Oggi il presidente grillino della commissione affari costituzionali Giuseppe Brescia presenterà un testo di legge elettorale proporzionale con soglia di sbarramento nazionale al 5%. L’appoggiano tre forze di governo su quattro, 5 Stelle, Pd e Italia viva. Resta contraria, con sfumature diverse, solo Leu. Cioè proprio la formazione che all’origine aveva posto l’esigenza di una nuova legge elettorale per riequilibrare la perdita di rappresentatività che la riforma costituzionale che ha tagliato i parlamentari porta con sé.

Una soglia così alta, circa un milione e settecentomila voti considerando i voti validi delle ultime elezioni politiche, sulla base degli ultimi sondaggi finirebbe con il tagliare fuori tutti i parti del centro sinistra, Pd escluso. E oltre ai 5 Stelle entrerebbero in parlamento solo i tre partiti del centrodestra: Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia (con qualche affanno). Se fosse stata applicata il 4 marzo 2018, una simile soglia di sbarramento – sconosciuta all’esperienza italiana dove al massimo si è arrivati al 4% delle europee – avrebbe escluso anche il partito di Giorgia Meloni, sostanzialmente buttando nel cestino cinque milioni e mezzo di voti (quelli di tutti i partiti sotto il 5%) su un totale di 33 milioni.

Ma nella proposta che Brescia presenterà oggi e che sarà incardinata lunedì in commissione ci sarà spazio per un «diritto di tribuna», ispirato anche in questo caso (come la soglia) all’esperienza tedesca (il sistema nel complesso è però assai diverso). Se una lista supera lo sbarramento non a livello nazionale ma almeno in due regioni e in tre collegi alla camera e due al senato (il numero è in fase di definizione) conserva quei collegi. Con il 3,4% nazionale, alle elezioni del 2018 Leu ha superato il 5% appunto in tre collegi alla camera (Bologna, Pisa-Livorno e Firenze) e due al senato (Bologna e Firenze). Per aspirare a una rappresentanza un po’ più consistente della semplice «tribuna» l’unica alternativa per una lista stimata sotto la soglia sarà ovviamente quella di confluire nelle liste di un partito più grande. Al termine della riunione dei parlamentari di maggioranza che ha sancito la spaccatura, ieri pomeriggio, il commento di Loredana De Petris, presidente del gruppo misto al senato ed esponente di Sinistra italiana, è molto duro: «Una soglia così ha alta è un colpo letale alla rappresentanza sia politica che territoriale. Non aver ricercato l’intesa nella maggioranza, scegliendo una forzatura sulla base dell’accordo tra Zingaretti e Di Maio è un grave errore, ma le forzature sulla legge elettorale non hanno mai portato bene e noi daremo battaglia». Di un tono più bassa è la critica dell’altro esponente di Leu Federico Fornaro, capogruppo alla camera ed esponente di Articolo 1: «È positivo che si parta da un sistema a base proporzionale. Noi sin dall’inizio non abbiamo condiviso la soglia al 5% e speriamo che si possa trovare un corretto equilibrio tra rappresentanza e funzionalità delle istituzioni democratiche».

Lunedì, infatti, comincia un percorso lungo durante il quale peseranno anche le scelte delle opposizioni: Forza Italia ad esempio potrebbe anche lei spingere per abbassare la soglia. E i giallo-rossi al senato hanno numeri molto ristretti, anche il no di Leu può bastare a creare l’incidente. Non per niente gli altri partiti hanno deciso di partire dalla camera. I renziani, poi, hanno subito detto no anche al diritto di tribuna. Malgrado, secondo i sondaggi, anche Italia viva si fermi al momento sotto lo sbarramento del 5%. Ma se precipitasse tutto nei prossimi mesi e si andasse a votare per camere ancora di 945 parlamentari – prima cioè del referendum costituzionale per il quale saranno depositate oggi le liste – allora lo si dovrebbe fare con il vecchio Rosatellum. Dove la soglia è al 3%.