Sembra di essere tornati a qualche mese fa, ai tempi in cui i dissidenti venivano prima processati e poi accompagnati alla porta, espulsi dal movimento per essersi permessi di avere espresso opinioni diverse da quelle del leader. Ne sa qualcosa la senatrice Adele Gambaro, cacciata solo per aver detto che il flop elettorale delle amministratve era responsabilità di Beppe Grillo. Apriti cielo.
Adesso la storia si ripete, con la differenza che questa volta la caccia ai dissidenti del M5S sembra essersi fatta ancora più dura. A lanciarla è stata ieri la senatrice Paola Taverna che sul sito di Grillo ha pubblicato una poesia in romanesco che non lascia spazio a equivoci: «Che meraviglia, sei diventato senatore, e mo’ te senti er più gran signore…Proponi accordi strani e vedi prospettive, mentre io guardo ste merde e genero invettive. So io quella sbagliata che ha perso er movimento? O te come bandiera ora giri insieme al vento… Ma quanti sete 5,7,20, perché non ve ne andate felici e contenti»… E via di questo passo. Toni sprezzanti verso chi poco digerisce i diktat che arrivano da Grillo e dai suoi parlamentari più fedeli, ma che lo stesso leader approva scrivendo che la poesia è dedicata «ai senatori aperturisti».
«Aperturisti». Ecco è questa la nuova accusa che gira tra i banchi dei senatori pentastellati. Aperturista è chi magari pensa a cosa fare nel caso che la crisi possa sfociare in un Letta bis. Oppure chi non ne vuole proprio sapere di andare a votare con il Porcellum, così come ormai da settimane va invocando Grillo nonostante avesse promesso agli elettori che sarebbe stato abolito. Aperturista, quindi non chi dissente, ma solo prova a ricercare il dialogo. «Macché», sbotta il senatore siciliano Michele Giarrusso. «Paola è una romana verace, spiritosa. Il problema è che un pezzo del Pd fa credere a qualche credulone che può votare la fiducia a Letta, ma nessuno di noi ci pensa davvero». Sicuro? «Guardi, le do la risposta che ha dato a Nitto Palma, che l’altro giorno mi diceva: “Ma come, ce ne andiamo via noi e arrivate voi?”. Gli ho detto: solo voi potevate fare un governo con quelli».

In realtà le cose non strarebbero proprio come dice Giarrusso. I maldipancia all’interno del M5S, e dei senatori in particolare, ci sarebbero eccome. E anche se non è possibile quantificare la pattuglia di dissidenti (da tempo si parla di una trentina di senatori, ma per ora solo solo numeri), di certo si sa quali sono gli argomenti sui quali il «dibattito»- per non chiamarlo scontro – è aperto. A partire dalla riforma della legge elettorale di cui il parlamento comincerà a discutere dalla prossima settimana. Sono settimane che ormai all’iterno del Movimento si discute su che tipo di riforma proporre senza raggiungere però mai la quadra. Al punto che su sette disegni di legge già presenti uno del M5s ancora non c’è. Epure alcuni punti chiave su cui essere tuti d’accordo ci sarebbero: ritorno al porporzionale e alle preferenze, soglia di sbarramento bassa al 3-4% e tetto di due mandati. Oltre ovviamente, a non aver subito nessuna condanna da parte di chi vuole candidarsi. Discussione inutile, ora che il capo ha deciso che invece si deve andare a votare con il Porcellum. E tra i senatori a 5 stelle sarebbe cominciato un giro di mail tra chi non ci starebbe proprio a piegare la testa di fronte all’ennesimo ordine di scuderia piovuto dall’alto.