Fumata grigia. La legge di bilancio non è stata inviata al parlamento neppure ieri e vede ormai il poco invidiabile traguardo del mese di ritardo sulla data istituzionalmente fissata per l’arrivo del testo alle camere, il 20 ottobre. Solo una volta, sinora, la legge non era arrivata entro ottobre. Il governo ce la farà comunque entro la settimana: il testo c’è e consta di ben 243 articoli, per una spesa complessiva di 38 miliardi. Ora la legge prenderà la rincorsa: nessun passaggio in consiglio dei ministri, non essendo variata la struttura, e discussione solo alla Camera, per chiudere il 20 dicembre e inviare al Senato per la ratifica.

I pezzi forti resteranno quelli definiti «con riserva» lo scorso 18 ottobre: decontribuzione per il sud e bonus unico per i figli, con stanziamento di 3 miliardi, Fondo per la Famiglia di 3 miliardi più altri 5,5 nel 2022. Le trattative riguardavano soprattutto la ripartizione dei fondi, molti dei quali necessari per fronteggiare l’emergenza Covid. Le casse integrazione richiederanno 5,3 miliardi. Il blocco dei licenziamenti sarà prorogato sino al 31 marzo e proseguirà sino a quella data anche la proroga sui contratti a termine: si potrà glissare sui termini massimi sia della durata che dei rinnovi. Il fondo per il Reddito di cittadinanza sarà incrementato di altri 4 miliardi, scaglionati di qui al 2029. Più misure varie come uno stanziamento di 100 miliardi per il bonus bici e monopattini, 537 milioni per i contratti di formazione dei medici specializzandi, 4 miliardi per rifinanziare il bonus Covid e 1,5 miliardi in più per il Fondo di garanzia Pmi. Per la riforma fiscale sono stanziati 4 miliardi ma solo a partire dal 2022, con 2,5 miliardi seguiti da un altro miliardo e mezzo nel 2023.

Con tutti i suoi 243 articoli, la legge di bilancio è solo una parte della manovra complessiva a cui il governo sta mettendo mano incalzato dall’emergenza Covid. Un’ulteriore tranche è costituita dal decretone Ristori, nel quale sono confluiti i due decreti già varati, per complessivi 4 miliardi, e un terzo se ne aggiungerà la settimana prossima, con stanziamento probabilmente ancora di altri 2 miliardi. È al Senato, dovrebbe arrivare in aula il 25 novembre e in questo caso sarà solo palazzo Madama a discutere ed emendare, mentre la Camera si limiterà a firmare. Il decretone servirà a sostenere le prime spese necessarie per le categorie colpite dalle ultime chiusure e non ci sarà bisogno di rivedere la legge di bilancio o di andare in deficit. Come già per i due precedenti decreti Ristori il ministero assicura che basteranno gli avanzi dei Fondi già stanziati.

A non bastare sarà il decretone in sé. Il sostegno richiederà una spesa ben maggiore e dunque un nuovo scostamento di bilancio, che potrebbe essere deciso già la settimana prossima, contestualmente al varo del Ristori 3. Le voci che filtrano dal Mef parlano di una cifra tra più vicina ai 20 che ai 15 miliardi e forse più, ma al momento nessuno sa quanto sarà davvero necessario, tanto che è sul tavolo anche l’ipotesi di dividere lo scostamento in due tranche, una da stanziare subito, l’altra quando il quadro sarà più chiaro. Pesa l’incognita delle chiusure che si renderanno necessarie nelle prossime settimane e anche quella di Natale. Per i negozianti perdere l’ondata di acquisti natalizi sarebbe drammatico. Conte spera che il per ora timido arretramento dell’indice Rt si rafforzi e permetta di allargare le maglie, ma è lui stesso a ricordare che «il Natale è momento di raccoglimento». Feste e cenoni non ci saranno comunque e anche la sagra degli acquisiti non potrà che risentirne, anche nella migliore delle ipotesi.

La legge di bilancio dovrebbe anche essere il veicolo per avviare quel dialogo tra maggioranza e opposizione chiesto direttamente e sin qui inutilmente dal capo dello Stato. Qualche passo verrà fatto. Il capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio si è molto adoperato, in questi giorni, per coinvolgere il centrodestra. La formula trovata è quella di tre relatori, due di maggioranza e uno di Forza Italia. Improbabile invece la nascita della Commissione bicamerale sulla quale insiste proprio Fi: tanto la Lega quanto FdI sono contrari. Il Pd insiste dunque perché almeno prenda corpo quella conferenza dei capigruppo congiunta e straordinaria che sarebbe almeno un piccolo segnale.