Torna davanti alla Corte costituzionale la legge 40 sulla procreazione assistita. Il tribunale di Roma ha sollevato la questione di costituzionalità sul divieto per le coppie fertili di accedere alla procreazione assistita e alla diagnosi preimpianto, anche se portatrici di malattie trasmissibili geneticamente. È la prima volta che questo punto della legge arriva alla Consulta, mentre se ne è già occupata la Corte europea di Strasburgo che nel 2012 ha condannato l’Italia per violazione di due norme della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Alla prima sezione civile del tribunale di Roma si era rivolta una donna, portatrice sana di distrofia muscolare Becker, con il marito. Il Centro Sant’Anna aveva negato l’accesso alla procreazione assistita e la diagnosi preimpianto. L’ordinanza del tribunale riconosce il diritto della coppia ad «avere un figlio sano» e afferma che il diritto di autodeterminazione nelle scelte procreative è «inviolabile» e «costituzionalmente tutelato». L’accesso per le coppie fertili alla procreazione assistita e alla diagnosi preimpianto, anche se portatrici di malattie trasmissibili geneticamente, sottolinea Filomena Gallo, legale della coppia che ha promosso il ricorso, è «l’ultimo divieto ancora contenuto nella legge 40. Che, se la sentenza della Consulta sarà favorevole, sarà definitivamente cancellata».