Sarebbe bastato confrontare i protocolli adottati nel mondo da Msf per smaltire rifiuti medici e vestiti per capire i reali rischi per lo «smaltimento illegale di rifiuti pericolosi», secondo la procura, e che tale non è.

Ma d’altronde qui ci troviamo di fronte a una vera e propria ossessione contro le Ong che si occupano di salvare chi scappa da guerre e miseria. Se non fosse andata in porto l’accusa per i vestiti dei migranti si sarebbe di sicuro trovato qualcos’altro. Eppure non è banale che proprio su gestione e traffico illecito di rifiuti si sia concentrata la procura di Catania. Perché quella città è da anni in una situazione di emergenza, con dati di raccolta differenziata penosi, fermi all’8% quando perfino la disastrata Roma arriva a tre volte tanto. Ed è proprio intorno all’intreccio di interessi, negligenze e violazioni di leggi nazionali e direttive europee che bisognerebbe indagare. Una situazione che condanna i cittadini a convivere con i rifiuti per strada e impedisce di trarre i vantaggi da quel ciclo di raccolta differenziata, recupero e riciclo che permette di creare lavoro oltre a vantaggi ambientali per le comunità. Non solo, se la questione è davvero lo smaltimento illegale di rifiuti occorre ricordare a Zuccaro che Catania è una delle città con il più alto numero di reati in Italia.

Siamo sicuri che Medici senza Frontiere sarà capace di dimostrare la follia di questo provvedimento, ma è un ennesimo segnale inquietante di una campagna in atto contro ogni forma di solidarietà e di integrazione. E non dobbiamo accettare questa prospettiva perché si porta dietro una serie di errori a catena, voluti dalla Lega proprio perché aiutano a allargare il numero dei clandestini con l’obiettivo di trarre vantaggio dagli allarmi lanciati da questa situazione. Tra le conseguenze più assurde del Decreto Sicurezza c’è la cancellazione di quel modello di accoglienza diffusa che si è andato costruendo intorno agli Sprar. Con centri diffusi in tutta Italia che hanno permesso di risolvere un’emergenza favorendo al contempo lo sviluppo locale e portando benefici ai territori. I risultati costruiti in questi anni sono stati raccolti e raccontati da Legambiente in un dossier presentato ieri a Roma con le storie di 100 comuni. Dai piccolissimi consorziati nel progetto Agape in provincia di Asti, a quelli del Canavese in provincia di Ivrea o della rete Welcome in provincia di Benevento, da Comerio e Latina a Roccella Jonica e Uggiano. Un’accoglienza che favorisce lo sviluppo attraverso concreti percorsi di integrazione, di rilancio delle aree interne, borghi abbandonati e di creare lavoro in quelle comunità.

Ora però il Dl113 mette in crisi questo modello, limitando la possibilità di accesso e riducendole risorse, con la conseguenza di creare centri sempre più grandi, cancellando ogni speranza di creare un percorso di vita e di integrazione per le persone. Così si impedisce ogni tentativo di avere nei migranti un alleato in più per affrontare alcune delle principali emergenze nazionali: la crisi demografica, il bilancio dei conti dell’Inps, la crisi delle aree interne, la messa in sicurezza del territorio, il recupero di superfici agricole abbandonate, il decoro urbano. E cancella dall’orizzonte del paese la possibilità di arricchire le comunità locali di nuove culture, le scuole di nuovi italiani, i territori di nuove attività e opportunità. Il paradosso è che i sindaci si ritroveranno soli di fronte alla presenza di grandi concentrazioni di stranieri regolari e irregolari senza speranza. Proprio quello che vuole Salvini.

*Vicepresidente di Legambiente