Stavolta non c’è stato l’ennesimo rinvio, nella commissione Affari costituzionali di Montecitorio il testo base della legge elettorale ieri incredibilmente è arrivato davvero. Ma è un altro movimento a vuoto con il quale il partito di maggioranza relativa punta a dimostrare – al severo occhio del Colle – che fra le maggiori forze politiche non c’è possibilità di accordo. E che non c’è altra strada che quella che piace davvero a Matteo Renzi: i minimi aggiustamenti necessari che non cambieranno di molto le leggi in vigore per camera e senato.

IERI LE DISTANZE FRA PD, Forza Italia e 5 stelle – che sembravano accorciarsi – improvvisamente si sono di nuovo allungate. È c’è da scommettere che questo movimento a fisarmonica andrà avanti ancora. Del resto c’è tempo prima del voto, ha spiegato ieri Maria Elena Boschi al Nazareno, nel corso del prevertice Pd prima del consiglio dei ministri (finché Renzi non se ne stancherà sarà una riunione del tipo di quelle che faceva Berlusconi a palazzo Grazioli per prendere le decisioni di governo): «L’orizzonte della legislatura è marzo 2018». Ma anche se per miracolo renziano la legislatura dovesse precipitare prima, sarebbe lo stesso. In mattinata Silvio Berlusconi ha riunito i suoi per mettere ordine alla babele azzurra. Alla fine Forza Italia fa la faccia feroce: a camera e senato servono due leggi «organiche, omogenee e fra loro coerenti», segue omaggio alle raccomandazioni di Mattarella, si si esclude il maggioritario e «in ogni caso il ricorso al voto di preferenza».

NEL POMERIGGIO in commissione Emanuele Fiano presenta la proposta del Pd: il sistema tedesco all’italiana, metà proporzionale e metà maggioritario, con soglia di sbarramento al 5 per cento: «Si tratta di un sistema elettorale che viene incontro sia a chi richiede un sistema elettorale proporzionale, sia a chi, come noi, crede che per la governabilità e la stabilità serva un sistema con dentrocriteri anche maggioritari».

LA SCELTA DEL PD MANDA nel panico il presidente Andrea Mazziotti di Celso (indipendente ex montiano ed oggi molto vicino al Pd) e su tutte le furie i 5 stelle: «Hanno preferito il Verdinellum al Legalicum. Verdini non ha convinto Berlusconi ma è riuscito a convincere Renzi», attacca Danilo Toninelli. Di «inciucio» parla anche la Lega. Il Pd si smarca dall’accusa, ma senza troppo impegno: «Via le preferenze, via il maggioritario: così Berlusconi vuole un altro Porcellum. Noi no», twitta Matteo Richetti.

A SORPRESA L’UNICO SÌ che incassa il Pd è quello di Giuliano Pisapia, che a Cartabianca (Raitre) commenta a caldo: «La proposta del Pd potrebbe mettere insieme forze diverse perché c’è la parte proporzionale in cui ciascuno si misura e poi la possibilità di fare coalizioni nella parte dei collegi uninominali. Potrebbe essere una sintesi». Potrebbe, se fosse questo il testo finale. Ma non sarà. Più realista Massimo D’Alema, che con l’ex sindaco di Milano si avvia a fare fronte fronte unico: «Il Pd ha presentato cinque proposte, aspettiamo il testo del relatore». Ma sulle soglie al 5 l’ex premier si dichiara d’accordo, «una soluzione di buonsenso».

MERCOLEDÌ ERA IL GIORNO della pace, giovedì è quello della guerra, domani è un altro giorno. In serata il presidente Mazziotti di Celso deposita finalmente il testo: si tratta della correzione dell’Italicum e della sua estensione al senato: premio di maggioranza alla lista che abbia il 40 per cento, soglia di sbarramento per entrambe le camere al 3 (esultano i centristi di Alfano). Al senato ci saranno 50 collegi plurinominali (100 alla Camera), con capilista bloccati e preferenze. Il Pd si dichiara deluso: «Ha vinto l’accozzaglia» è il commento più diffuso. In realtà il testo assomiglia abbastanza non a quello che il Pd ha proposto, ma a quello che il Pd vuole portare davvero a casa.

MA NON PRIMA DI UN LUNGO e travagliato confronto che dimostri che altro non si può fare. Tempo ce n’è. Gli emendamenti vanno presentati entro il 23 maggio, in teoria entro il 29 il testo dovrebbe approdare in aula. Ma la presidente Boldrini ha promesso che stavolta farà concludere comunque il lavoro della commissione (non era stato così per l’Italicum). «Continuano le grandi manovre parlamentari di chi chiede a parole una nuova legge elettorale ma in pratica non la vuole, e perde tempo», dice Matteo Renzi su facebook praticamente mettendosi comodo per guardare il film dei prossimi giorni. Intanto si prende la soddisfazione di fare un ballottaggio, visto che la Consulta lo ha cassato dal suo Italicum: sui social, con amici di facebook e follower, fra due ipotesi di copertine del suo prossimo libro, in uscita da Feltrinelli: «Avanti», è il titolo. Avanti ma senza fretta.