In Argentina torna in discussione la proposta di legge per un aborto legale, gratuito e sicuro. Nelle prossime ore arriverà il voto della Camera. Fernandez, che proprio in questi giorni festeggia il primo anno di governo, aveva promesso da tempo un decreto in tal senso. Perché l’aborto sia legge la proposta dovrà essere votata anche in Senato, a differenza di quanto accadde nel 2018.

L’opposizione alla legge attraversa anche parti della maggioranza. Nel dibattito parlamentare sono state richieste importanti modifiche che se recepite potrebbero portare all’approvazione della legge in entrambe le votazioni ma allo stesso tempo snaturerebbero la proposta dei movimenti.
Ne parliamo con Matha Rosenberg, femminista e autrice del libro Aborto e altre interruzioni. Donne, psicoanalisi, politica.

Come si è sviluppato il dibattito?

Con le condizioni imposte dalla pandemia, e quindi in forma virtuale o mista. È piuttosto strano. Durante il precedente dibattito (2018) ci sono state grandi manifestazioni di strada con diverse iniziative e partecipazione di massa. Una mobilitazione continua con tanto di espressioni artistiche, appelli e spettacoli vari. Il dibattito è molto presente sui media così come sui social, nonostante l’impatto di misure socio-economiche simultanee molto importanti e di eventi casuali che scuotono, come la morte di Maradona. La discussione parlamentare va in onda in tv. C’è un patto di non aggressione tra i settori favorevoli e contrari alla legalizzazione poiché gli schieramenti sono trasversali. Lo scontro nasce sia per questioni ideologiche sull’aborto sia anche per questioni di equilibri di partito. La campagna ha messo in moto mobilitazioni in tutto il paese e molte altre attività: virtuali sui social network, lezioni universitarie, spettacoli teatrali, posizionamento pubblico di personaggi noti, ecc. Ci sono state anche manifestazioni di conservatori fondamentalisti. E vessazioni nei confronti dei parlamentari verdi.

Perché «Aborto legale, libero, sicuro e gratuito»?

La Campagna nazionale per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito implica che lo Stato dovrà garantire sì la libertà ma anche l’accesso universale all’aborto sicuro attraverso la sanità pubblica. Se ci fosse solo la depenalizzione l’aborto sarebbe sottoposto a logiche di mercato, cioè si manterrebbe «un’ingiustizia riproduttiva» che rende l’aborto sicuro e possibile un privilegio delle classi più abbienti.

Una parte importante del movimento femminista argentino si è concentrato su questa lotta, se si vincerà cosa potrebbe succedere?

Non c’è praticamente femminismo che non si sia unito a questa lotta. Suppongo che se la proposta di legge sarà votata affronteremo insieme il monitoraggio del suo adempimento. Sarebbe un profondo cambiamento culturale che dovrà essere digerito dall’intera società.

Dialogate con la presidenza?

Certo, e non solo. La campagna nazionale è formata da più di 600 associazioni e da persone singole. La mia forma di dialogo e il mio attivismo avvengono attraverso il Consiglio consultivo onorario del ministero delle Donne, genere e diversità di cui faccio parte. Altre appartengono alla stessa coalizione politica del presidente, il Fronte di Tutti. Ci sono molte femministe e persone LGBTQ+ che hanno voce autonoma e vanno oltre le richieste della campagna. È un compito enorme (forse impossibile e chissà se desiderabile) unire in una sola voce la ricchezza e la polifonia della nostra realtà come movimento.