«Scelgano i partiti». Però nella consapevolezza della responsabilità che si assumeranno. Fedele sino all’ultimo al suo stile, Sergio Mattarella evita di entrare in campo a gamba tesa. Però neppure la manda a dire. Pur senza mai esagerare nei toni, evitando di rivolgersi «al popolo» per denunciare i limiti dei partiti e anzi parlando proprio ai partiti per sollecitarne il senso di responsabilità, delinea il ricorso alle elezioni sia in luglio che in autunno come una probabile sciagura. Ma se questo è quel che i partiti vogliono, lui non può né vuole impedirlo.

IL PRESIDENTE PRENDE la parola alle 18.35 e parla per 8 minuti. Tira le conclusioni del giro di consultazioni apertosi alle 10 con l’arrivo sul Colle della delegazione del Movimento 5 Stelle. L’esito è secco: le condizioni per dar vita a una maggioranza politica non sono maturate e ormai non è più possibile prorogare ulteriormente il governo Gentiloni. «I partiti chiedono tempo. Può essere utile, ma nel frattempo chiedo che consentano con la fiducia la nascita di un governo neutrale». Se nei prossimi mesi si formasse una maggioranza politica, quel governo si dimetterebbe immediatamente. In caso contrario «si dimetterà comunque a dicembre, dopo la manovra di bilancio».

LA PRIMA PARTE DELL’OFFERTA è rivolta al centrodestra, perché è da lì che continua ad arrivare la richiesta di avere più tempo. La seconda è indirizzata a Lega e M5S, i partiti che più temono la longevità dell’eventuale governo «neutrale». Per questo Mattarella non solo si impegna a licenziare quel governo a dicembre, ma assicura anche che la neutralità sarà garantita dall’impossibilità per i ministri di candidarsi alle prossime elezioni.

L’alternativa, segnala il capo dello Stato, è il voto. Un voto in autunno oppure già in luglio, come chiedono all’unisono Matteo Salvini e Luigi Di Maio al termine di un incontro organizzato sui due piedi dopo la consultazione, nel quale il leader leghista ha tentato invano e per l’ennesima volta di convincere il pentastellato a ingoiare la presenza di Berlusconi. I due hanno anche indicato una data, l’8 luglio, forse per convincere il leader azzurro che fanno sul serio e provare a forzargli la mano.

MA APRIRE LE URNE in piena estate, come «si è sempre evitato», vorrebbe dire rischiare un crollo dell’affluenza. Votare in autunno, in compenso, significherebbe esporre l’Italia al rischio non poter fare la legge di bilancio, dunque di dover ricorrere all’esercizio provvisorio rassegnandosi a un aumento dell’Iva che a sua volta deprimerebbe la ripresa. Il tutto con la probabilità che «a legge elettorale invariata si replichi una situazione simile a questa». Scelgano i partiti, dunque. Ma sapendo che una scelta, quella che permette di arrivare con un governo «nel pieno delle sue funzioni» a dicembre passando per il fondamentale consiglio europeo di fine giugno, è giusta. L’altra, almeno per il presidente, sbagliata, pericolosa e dannosa.

Sul Colle avevano sperato che il braccio di ferro all’interno del centrodestra si risolvesse a favore di chi voleva dar vita, grazie al “passo di lato” di Silvio Berlusconi, a una maggioranza con il Movimento 5 Stelle. Così non è stato. Il cavaliere ha puntato i piedi e Salvini ha evitato lo strappo. Ora la speranza è che l’appello drammatico del presidente Mattarella smuova i partiti.

NON SEMBRA CHE neppure stavolta gli auspici del Colle siano destinati a essere esauditi. Il Pd si è detto subito disponibile, ma Di Maio ha chiuso i giochi su Twitter: «Nessuna fiducia a un governo neutrale, sinonimo di tecnico». Del resto il traballante leader dei 5 Stelle è incalzato da Alessandro Di Battista, che a ogni buon conto non perde occasione per rilanciare alzando i decibel: «Chi vota il governo neutrale è un traditore della patria». Salvini duetta: «O c’è qualcosa di nuovo o voto in estate». Il centrodestra è più che mai flagellato dalle diffidenze reciproche, tanto che la Lega arriva a dire chiaramente: «Speriamo che Berlusconi mantenga la parola». Fi sospetta il Carroccio di volere tempo per chiudere un accordo con i 5S sulla testa di Berlusconi, La Lega teme che gli azzurri vogliano brigare per radicare il “governicchio”, magari con l’aiuto del Pd. Per tutti le esigenze di una campagna elettorale già avviata fanno premio sul resto.

DOMANI MATTARELLA darà l’incarico e le quotazioni della diplomatica Elisabetta Belloni sembrano in crescita. Le chances che il governo “di Mattarella” ottenga la fiducia sono ridotte all’osso, e tuttavia sarà quel governo, composto solo da tecnici, a portare il Paese al voto. Quando? Non l’8 luglio: mancano i tempi tecnici e probabilmente anche il 15 luglio è troppo vicino. Scommettere che il capo dello Stato si rassegni ad aprire le urne il 22 luglio, con le spiagge piene, sarebbe imprudente. Più probabilmente deciderà lui di arrivare a settembre. Nella speranza che nel frattempo qualcosa cambi.