Una edizione di successo, che ripete e incrementa lievemente, in termini di biglietti venduti, anche se non c’è ancora conferma ufficiale, la performance (100mila biglietti) dello scorso anno. Con evidente soddisfazione degli organizzatori di Più libri, più liberi, la fiera che si è svolta dal 6 al 9 dicembre a Roma, all’interno della Nuvola di Fuksas.

TUTTO BENE, dunque. Un numero ampio di lettori fedeli, che non si limita ad acquistare un solo libro, ma che rinnova l’acquisto con tutte le forme consentite – on line, in libreria, durante la fiera, dato che la politica degli sconti sul prezzo di copertina funziona come polo magnetico per i risicati budget di lettori che hanno salari non entusiasmanti.
A vedere il programma della kermesse colpisce il fatto che assieme ad autori affermati, consolidati – tanto italiani che «stranieri» – ci sono anche scrittori, graphic novel decisamente «antagonisti» (ZeroCalcare, Militant A) o intellettuali militanti come la turca-curda Pinar Salek. Oppure di come la narrativa per «ragazzi» o «giovani adulti» abbia ormai conquistato uno spazio rilevante, segnale che gli editori possono contare, in un prossimo futuro, su nuove generazioni di lettori.

IL SUCCESSO della rassegna, tuttavia, ha luci e ombre. Da una parte, non ferma la contrazione generale delle vendite, la concentrazione editoriale sia a livello nazionale che a livello globale. La politica dei bestseller continua a essere coccolata dalle case editrici, perché per ogni libro che vende tanto, ne possono essere stampati altri le cui tirature non sempre coprono le spese di produzione.

TEMI VARIAMENTE affrontati in I libri costano troppo?, uscito gratuitamente per Laterza come iniziativa per supportare la vendita dei libri stessi. Il volume raccoglie testi pubblicati da John Maynard Keynes poco meno di un secolo fa sulla necessità, in quanto dovere sociale, di comprare libri, perché così l’intero settore può contare non su un punto di equilibrio, ma su una tenuta generale, sapendo benissimo che i profitti non saranno così ingenti e che la produzione editoriale si caratterizza, ieri come oggi, da poche, grandi, globali case editrici e un diffuso pulviscolo di piccoli editori che producono libri in maniera artigianale, consentendo il reddito – basso – di editori e editor.
Per quanto riguarda l’iniziativa di Laterza occorre partire dalla fine, cioè dal prezioso lavoro di Oliviero Pesce – in termini di raccolta di dati, elaborazione dei medesimi, di sguardo d’insieme su un settore sempre dato sull’orlo dell’apocalisse produttiva e capace di rinascere, come una spelacchiata Fenice, dalle sue ceneri.

PESCE SEGUE fedelmente lo schema di ragionamento di Lord Keynes, attualizzandolo. I costi di produzione di un libro – tra quelli industriali, diritti d’autore, i compensi agli editori – non possono essere contratti più di tanto. I libri devono esser venduti, dice Keynes, e Pesce con lui.
Non è certo in discussione in Keynes la sua convinzione che ci siano spese, investimenti a «tempo perso», che non producono profitti nell’immediato. D’altronde l’economista inglese era una figura rilevante nella comunità intellettuale di Bloomsbury, che vedeva Virginia Woolf e il marito in quanto editori di qualità. Aveva a cuore il destino di un settore – l’editoria in quanto produzione di opinione pubblica – che percepiva fondamentale nella stabilità democratica del capitalismo mondiale.
Oliviero Pesce compie tuttavia una operazione complementare: sottolinea il fatto che i fenomeni che si dispiegano attorno al libro, meglio ai contenuti, possano contemplare realtà inedite. La rete, gli e-book, la forte determinazione di tantissimi lettori nel ritenere, giustamente, un diritto inalienabile la gratuità di accesso al libro, ignorando così copyright e qualsiasi altra norma sulla proprietà intellettuale. Pesce segnala i problemi, senza proporre soluzioni affrettate.
La proposta di Laterza è a suo modo condivisibile, anche se le ombre continuano a oscurare l’oggetto del desiderio chiamato libro. Non è certo il successo di Più libri, più liberi a diradarle, né sarà il nome di Lord Keynes a svolgere il ruolo di nome tutelare di protettore della convinzione che l’unico modo per vincere la crisi sian l’aumento delle tirature e delle vendite.

LA CRISI CONTINUERÀ a macerare libri e progetti editoriali. Molti piccoli editori chiuderanno, altri apriranno i battenti per solo una stagione. Il problema è trovare forme, modi di circolazione, di discussione, di condivisione di passione per la lettura, per le storie raccontate, per le analisi sul presente messe in campo.
Qui la strada va in salita. Dunque, occorre attrezzarsi per attraversare il deserto del reale. Con leggerezza, stringendo forte in mano un libro e assaporandone il seducente odore.