L’obiettivo sarebbe altamente condivisibile: favorire l’acquisto di auto non inquinanti. La pratica – come accade continuamente con «il governo del cambiamento» – invece è stata il solito caos pressapochista che ha creato l’ormai immancabile scontro tra M5s e Lega. L’emendamento del governo alla legge di Bilancio presentato mercoledì sera è stato ribattezzato «ecotassa», ma per come è stato strutturato ha provocato le proteste unanimi di ecologisti, aziende produttrici e sindacati.

Già ieri mattina Salvini aveva tuonato contro la norma e Di Maio aveva risposto con l’immancabile video su Facebook in cui annunciava di «mettere attorno ad un tavolo» tutti gli attori chiamati in causa per modificare il provvedimento comunque previsto nel contratto di governo.

ALLA FINE DEL VERTICE di ieri pomeriggio a palazzo Chigi tra Conte, Salvini e Di Maio si è deciso di cambiare. «L’ecotassa è dentro la legge di bilancio al momento ed è un bonus per le auto elettriche e a metano e le ibride. Non c’è nessuna tassa alle auto», ha insistito Di Maio. Una marcia indietro evidente implicitamente smascherata dalla stessa sottosegretaria all’Economia Laura Castelli, che ha chiamato in causa il contratto di governo: «La volontà del governo è quella di tenerla – ha detto parlando della tassa – sta nel contratto di governo». Controllando il testo del «contratto» sottoscritto da M5s e Lega nel capitolo dedicate alla mobilità la parola tassa non compare mai, ma la regola del «chi inquina paga» viene esplicitamente citata. Ed è rivendicata anche dal ministro dell’Ambiente, anche lui cinquestelle, Sergio Costa: «Chi non intende allinearsi alla salvaguardia del pianeta, deve essere sfavorito», ha spiegato.

Ma proprio ieri Salvini ha controbattuto che «il contratto di governo può essere ritarato».

La Lega, rappresentando gli interessi dei concessionari di auto, specie al nord, però non intende lasciar passera la norma. Matteo Salvini è stato il più drastico: «con me, con il sostegno della Lega, l’ecotassa non passerà mai». Nel mezzo, come sempre, il premier Giuseppe Conte che ha invocato «un supplemento di riflessione», rinviando la spinosa questione «ai prossimi giorni», «al passaggio Senato».

IN BASE ALLA NORMA così come approvata in commissione Bilancio della Camera, frutto di un blitz del Movimento 5 Stelle pienamente sostenuto dal ministero dello Sviluppo economico, nel gruppo delle vetture considerate dannose per l’ambiente, e quindi da tassare, rientrano non solo le auto di grossa cilindrata, ma anche una serie di utilitarie a prezzo più o meno basso, diffusissime in Italia, tra cui la Panda, prodotta a Pomigliano, e ragione principale delle critiche dei sindacati. Un pasticcio che, secondo alcuni, rischia di penalizzare anche gli automobilisti meno danarosi, oltre che di mandare definitivamente a gambe all’aria un mercato già in difficoltà con stime di ulteriori 100mila immatricolazioni in meno.

Infatti se l’ecotassa appena approvata alla Camera fosse stata applicata già a novembre, avrebbe riguardato, secondo l’Unione petrolifera, l’85% delle auto vendute in Italia il mese scorso con un inevitabile aumento dei prezzi che per i modelli Fca sarebbe tra il 2 e il 6%.

L’EMENDAMENTO nella versione attuale stabilisce in due tabelle distinte a quali livelli di emissione si otterrebbero gli incentivi (bouns) e a quali sarebbe invece imposta la tassa (malus), con l’obiettivo di favorire le auto green, ma senza chiarire il trattamento delle auto ibride. Montando un motore anche a benzina, molti modelli raggiungono infatti con la combustione emissioni più alte di altre vetture inquinanti diesel o benzina, tanto da rischiare quindi di pagare addirittura tasse più alte. E ancora, come sostiene anche la Fiom, senza incentivi ad hoc per una rete di colonnine di ricarica, l’obiettivo di diffondere le auto elettriche fallirebbe.

PER FARE QUALCHE ESEMPIO il modello TwinAir Turbo S&S 4×4 (130 g/km di Co2) della Fiat Panda, attualmente in listino a 16.890 euro, aumenterebbe di 400 euro. Il modello Panda 1.2 Pop, il più popolare a 11.390 euro, aumenterebbe di 300 euro. Il prezzo della 500X – prodotta a Melfi – aumenterebbe di 150 euro nella versione diesel con motore 1.3 MultiJet e di ben 1.000 euro nella versione benzina con motore 1.6. Nessuno dei modelli Volkswagen sarebbe escluso, con per esempio la Golf GTI sottoposta a una tassa di 500 euro. Non sarebbero esenti la Nissan Micra e la Renault Clio. Tra le city car sarebbero invece sotto gli standard quindi prive di aggravio l’Aygo della Toyota o la Peugeot 108.