L’esorcismo quotidiano del governo delle larghe intese consiste nel vedere una crescita dell’economia dove non può esserci. L’ultima trovata in questo teatro delle ombre, ripetuta da tutti gli organi dell’austerità di governo, è che la «crescita» ci sarà «verso la fine dell’anno». Qualsiasi cosa voglia dire «crescita» in un paese che ha bruciato l’8% del Pil dall’inizio della recessione nel 2008 e ha sfondato il tetto dei 3 milioni di disoccupati, è in corso una narcotizzazione di massa.

Salvo poi scoprire che il Fondo Monetario internazionale, nel pieno della guerra che lo contrappone ormai da mesi agli altri membri della Troika (la Commissione Europea e la Bce di Mario Draghi), ieri ha rivisto le sue previsioni di aprile e ha confermato che nel 2013 la recessione mondiale peggiorerà, e quella italiana ancora di più. La contrazione del Pil continua e da -1,5% di aprile è passata a -1,8%. Siamo a metà dell’anno, è probabile che tra un paio di mesi sprofonderà a -2%, per raggiungere a Natale almeno il 2,4% che è poi la perdita dell’anno scorso. Da notare la «scienza» esercitata dagli economisti di Washington: in 10 mesi, dall’ottobre 2012, hanno cambiato previsioni ogni due mesi, passando da un -0,7% all’attuale -1,8%. Una rincorsa angosciosa che impone un collasso al giorno ai governi di Roma.

L’Fmi, responsabile di clamorosi abbagli e di politiche rovinose come in Grecia, resta un protagonista del teatro delle ombre dove si agitano i manichini di casa nostra. Il suo messaggio vorrebbe essere rassicurante: nel 2014 l’Italia tornerà a crescere addirittura dello 0,7%, mentre la Spagna resterà inchiodata a 0. Rassicurazioni la cui affidabilità è pari a quella di un venditore di macchine usate che non funzionano. Non serve ricordare che era stata fatta già l’anno scorso, l’indimenticato governo Monti la mise persino tra le previsioni della legge di stabilità, salvo poi rifare tutti i conti quando all’inizio di quest’anno si rivelò totalmente sbagliata. Il nostro paese è ostaggio dell’economia voodoo, geniale definizione del Nobel per l’economia Paul Krugman.

Il governo delle larghe intese è il supremo garante della recessione perché si è impegnato a mantenere il pareggio di bilancio, uno dei pilastri delle cosiddette «riforme» imposte dalla Troika, tagliando la spesa pubblica, aumentando l’Irpef in mancanza di Imu e dell’aumento dell’Iva. Per Domenico Lombardi, del Centre for International Governance Innovation (Cigi) in Canada, in queste condizioni la previsione della crescita nel 2014 «è pura fantascienza». La crisi dei paesi dell’Europa del Sud ha contagiato le economie reali di Francia e Germania e non basterà, come ha fatto ancora una volta l’Fmi, chiedere timidamente alla Germania di dare il via libera all’unione bancaria europea. Se ne riparlerà dopo le elezioni tedesche, alle condizioni di Frau Merkel. Nel frattempo, tutto continuerà come prima, più di prima.

Questa è la ragione per cui i mercati sentono l’odore del sangue. Ieri l’agenzia Standard & Poor’s ha tagliato il rating di lungo termine dell’Italia a Bbb da Bbb+, due gradini sopra il livello «spazzatura». In dieci anni la crescita reale è stata di -0,04%. La contrazione del Pil sarà di -1,9%. La catastrofe potrebbe arrivare togliendo Imu e Iva, tanto cari al lato destro delle larghe intese. Il Tesoro ha smentito: «Valutazioni che non tengono conto dell’operato del governo». Il premier Letta vede però il baratro: «La situazione è difficile» ha sobriamente commentato nel salottino di Ballarò.