Sono circa una cinquantina i produttori della Basilicata che hanno scelto di optare per le piantagioni di canapa, grazie alla versatilità dei suoi possibili utilizzi e alla naturale capacità di essere coltivata nel rispetto dell’ambiente.
Essi sono riuniti nell’Associazione Lucanapa, nata con l’intento di promuovere e incentivare una filiera che coordini agricoltori, trasformatori e laboratori artigianali della zona.

Avvalendosi di un approccio territorialista, che valorizza lo sviluppo locale a partire dal senso di appartenenza alla comunità e dall’attenzione verso le peculiari esigenze sociali e ambientali dei luoghi, l’associazione svolge un po’ il ruolo che ebbero i consorzi nel dopoguerra e che rappresentarono, soprattutto nel sud d’Italia, uno dei modelli più efficaci di sostegno ai contadini ad oggi conosciuti.
Fra i membri di Lucanapa l’idea di creare una rete a partire dall’agricoltura si sposa con la volontà di condividere la conoscenza in un’ottica open source, ed è per questo che l’associazione mette a disposizione di chi vuole cominciare la coltivazione il proprio know how.
Il sito (www.lucanapa.com) si presenta già come un utile strumento, ricco di interessanti informazioni pensate anche per chi volesse iniziare da zero.

Il resto lo fa la naturale capacità della pianta di fornire senza troppe spese materie prime pregiate e ad alto rendimento, che facilita un’interazione trasparente tra le diverse fasi produttive.

La canapa sativa impiegata nelle piantagioni, infatti, non necessita di acqua oltre il primo periodo di crescita, non è depauperante per la fertilità del suolo e svolge un ruolo di contenimento delle malerbe, virtù per la quale può essere utilizzata nella rotazione prima della coltivazione del grano.

È a partire da un’agricoltura naturale e priva di input sintetici esterni che Lucanapa intende dare un impulso anche occupazionale ad una terra difficile come quella della Basilicata, colpita da disoccupazione e spopolamento.

I soci produttori che ne fanno parte rispettano un disciplinare che riduce al minimo l’impatto ambientale, osservando un’aratura poco profonda, l’utilizzo di concimi solo naturali e la rotazione.

La lavorazione dei semi è alla base dei prodotti da forno e dell’olio d’oliva biologici realizzati da Lucanapa tramite alcuni piccoli laboratori locali, e viene effettuata attraverso la macinazione a pietra e la spremitura.

I semi, dal forte potere nutrizionale, sono forniti da alcuni dei produttori della catena, come anche le farine e gli altri ingredienti che servono per fare la pasta, le friselle, i biscotti, in una continua ricerca di nuove sinergie, come quella con il birrificio artigianale Alba di Potenza, ancora in fase sperimentale.

A chiudere il cerchio c’è il packaging biodegradabile senza uso di colle, con cui i prodotti vengono venduti al dettaglio.

«Il nostro obiettivo è quello di utilizzare il più possibile materie prime dei produttori locali e coinvolgere realtà economiche già esistenti, per sviluppare un modo differente di interazione tra i diversi attori della filiera», spiega Riccardo Sabatiello, uno dei fondatori.

Nel gennaio del 2017 è entrata in vigore la legge per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa, alla cui stesura hanno partecipato anche i membri dell’associazione Lucanapa: sebbene alcune istanze non siano state accolte, come la possibilità di utilizzare i semi per almeno due raccolti, invece di doverli acquistare annualmente per via della certificazione di cui devono essere muniti, la legge ha segnato un passo importante nell’identificare le potenzialità della pianta e dei suoi molteplici utilizzi.

Se l’associazione per ora produce principalmente canapa ad uso alimentare è solo perché per quanto riguarda l’impiego nel tessile mancano, dopo tanti anni di abbandono del settore, i macchinari adatti alla sua lavorazione. Il ripristino e l’ammodernamento di macchine per la raccolta e il trattamento della fibra sono comunque tra i numerosi progetti portati avanti da Lucanapa.

Fra questi, spicca quello che l’associazione sta portando avanti insieme all’Università degli Studi della Basilicata e all’Ispra per utilizzare la canapa come fitodepurante nei terreni inquinati.

Nata in Val D’Agri, la zona della Basilicata interessata dalle attività estrattive, la ricerca vuole rendere partecipe la comunità circa lo stato dei terreni nei pressi dei pozzi di petrolio e offrire una nuova possibilità economica ai coltivatori con terre colpite da contaminazione.
Ottima nell’assorbire Co2, grazie alla sua crescita rapida, la canapa ha infatti anche la capacità di immagazzinare nelle foglie e nel fusto i metalli pesanti presenti nel terreno, presentandosi quindi come ottima soluzione di bonifica.

Un progetto importante possibile grazie alla rete messa in piedi dall’associazione, che ci mostra come a partire da un’agricoltura sostenibile che valorizzi il potenziale della pianta coltivata e del territorio, sia possibile costruire un’economia inclusiva e circolare.