«Non colpevole»: è stata questa la risposta di Lech Kowalski all’imputazione di «ribellione» per la quale è comparso ieri, davanti al pubblico ministero del tribunale di Gueret. In una dichiarazione pubblicata sulla sua pagina facebook il regista, che vive da più di vent’anni in Francia ha scritto: «Ci sarà un processo? Non lo so. Lasceranno cadere le accuse? Non so neppure questo. L’udienza è durata cinque minuti. Fuori c’erano oltre 200 persone, tra cui gli operai della GM&S e la stampa. La sola cosa che posso dire ora è che sono un regista indipendente e ho il diritto di esprimermi coi miei film. E potersi esprimere senza paura o intimidazioni da parte delle autorità è la prima regola della democrazia». Più avanti, ringraziando con la promessa di tenere informati tutti sulla questione giudiziaria ma anche sul film che sta facendo ha aggiunto: «Essere accusato di Ribellione dà anche una grande energia».

Kowalski era stato arrestato il 20 settembre scorso a Gueret mentre filmava la protesta degli operai della GS&M, una fabbrica di componenti per automobili su cui sta realizzando un film prodotto da Arte. Messa in liquidazione la GS&M è stata rilevata da una nuova proprietà e su 277 lavoratori solo 120 hanno mantenuto il proprio posto di lavoro. Per questo avevano deciso di occupare la prefettura di Gueret, sperando di ottenere qualche risposta sul loro futuro. Dopo diverse ore il prefetto aveva deciso di sgomberarli chiedendo a tutta la stampa presente di allontanarsi. Kowalski ha continuato a filmare rivendicando il suo diritto come media di essere lì, così i militari lo hanno allontanato piuttosto bruscamente. Un’ora e mezzo dopo l’arresto: una notte in cella e l’accusa di «ribellione».

Intanto oltre 400 cineasti, tra cui Miguel Gomes, F. J. Ossang, Jean Douchet, Valérie Massadian, Nicolas Klotz et Elisabeth Perceval, Pedro Costa, Dominique Cabrera hanno firmato una petizione in cui si chiede di abbandonare ogni azione legale contro Kowalski. I cineasti denunciano anche il pericolo che comporta per l’informazione e per la vita democratica la censura del lavoro di un regista. Stessa preoccupazione affiora nel comunicato del sindacato nazionale dei giornalisti francesi in cui si rivendica il diritto della stampa come dei registi di esercitare liberamente l’informazione.