Sarebbe morto per un macabro «gioco» del suo datore di lavoro Hyraj Qamil, il 23enne pastore di origine albanese il cui corpo senza vita fu ritrovato nel pomeriggio del 6 aprile nelle campagne di Torre Castiglione, sul litorale nord di Porto Cesareo in provincia di Lecce. Ad ucciderlo, secondo gli inquirenti, il 31enne di Torre Lapillo Giuseppe Roi, proprietario – insieme al padre Angelo – della Masseria Roi, un’azienda avicola, e di un forno nella marina di Porto Cesareo. Una serie di indizi hanno portato i Carabinieri e la Procura di Lecce, nel giro di sette mesi, a ritenerlo l’autore dell’omicidio e a condurlo in arresto nella giornata di ieri.

L’ordinanza di custodia cautelare è stata firmata dalla gip Simona Panzera, su richiesta del sostituto procuratore Giuseppe Capoccia, che ha coordinato le indagini dei carabinieri del Reparto operativo di Lecce e della Compagnia di Campi Salentina (coordinati dal colonnello Saverio Lombardi, dal capitano Biagio Marro e dal maggior Nicola Fasciano).

Sul corpo del giovane Hyraj non furono trovati altri segni di violenza: soltanto il colpo calibro 22 in piena fronte che ne aveva provocato la morte. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, quel 6 aprile Giuseppe Roi, amante delle armi e nella cui masseria è stato rinvenuto un vero e proprio arsenale militare, stava giocando a tiro a segno contro un vecchio frigorifero: poco distante dall’elettrodomestico infatti, anch’esso perforato da un proiettile calibro 22, c’era il corpo del giovane Hyraj. E Roi, pur sapendo di correre il rischio di colpire il pastore albanese, avrebbe continuato a sparare. «Il massaro sapeva che il Qamil era lì – ha spiegato il procuratore di Lecce, Cataldo Motta – lo vedeva a poca distanza e quando ha sparato sapeva che avrebbe potuto colpirlo, per questo il reato che gli viene contestato è omicidio volontario e non colposo, perché l’omicidio non è stato un fatto fortuito ma Roi sapeva che poteva accadere».

Hyraj era un bravo ragazzo e un gran lavoratore. Voleva bene alla famiglia Roi per la quale lavorava da ben due anni. All’inizio delle indagini gli inquirenti e le forze dell’ordine scelsero di indagare sulla vita privata del giovane e su eventuali contatti con la mafia albanese presente nel Salento: senza però trovare nulla di anomalo.

La svolta nelle indagini avverrà infatti grazie ad un collega di Hyraj, che rivelerà agli inquirenti la smodata passione per le armi di Roi, che spesso si esercitava al tiro al bersaglio con pistole e fucili (a confermarlo i rinvenimenti di bossoli da parte dei Carabinieri all’esterno della Masseria).

Ma ciò che metterà sulla strada giusta le indagini, sarà un altro particolare: lo stesso Hyraj aveva confidato al suo amico che spesso e volentieri Roi gli sparava «per scherzo», trasformandolo in un bersaglio umano. Prendendolo in giro con la frase: «Ti spaventi sempre».

A quel punto, gli inquirenti riavvolgono il nastro della vicenda. E riascoltando la registrazione della telefonata di Giuseppe Roi al 118, si accorgono di un particolare decisivo: la segnalazione parlava infatti di un cadavere «attinto da colpi di arma da fuoco». Un particolare, questo, che neppure il padre Angelo Roi – che scoprì il corpo di Hyraj col volto riverso per terra, quando come sempre all’ora di pranzo si recò da lui per portargli da mangiare – fornì ai Carabinieri, quando li chiamò per denunciare il rinvenimento del cadavere.

Per gli investigatori infatti, Giuseppe Roi non poteva sapere che il giovane pastore era stato ucciso da colpi d’arma da fuoco. A meno che non fosse proprio lui l’autore dell’omicidio. Infine, il secondo indizio che orientò in maniera definitiva le indagini verso la responsabilità dei Roi, fu la denuncia, presentata un giorno dopo dagli stessi indagati, di un furto (poi scopertosi del tutto falso) di 23 agnellini dalla masseria: una mossa che secondo il gip Simona Panzera era stata ideata allo scopo di depistare le indagini e indirizzare le stesse verso altre piste investigative.

Pochi giorni prima di morire, il giovane Hysaj era rientrato da un viaggio in Albania dove era andato a trovare la sua famiglia. Per l’ultima volta.