Da ieri il comitato per la farmacovigilanza dell’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) è riunito per valutare la sicurezza del vaccino AstraZeneca. È atteso tra oggi e domani il nuovo parere sul vaccino da parte degli esperti, che potrebbero decidere di limitare la somministrazione ad alcune categorie e fasce di età dopo i casi di trombosi cerebrale osservate per la maggior parte in donne giovani e vaccinate.

La discussione si svolge a porte chiuse in un clima di tensione palpabile. Lo si rileva dalle reazioni a ogni singola dichiarazione sfuggita ai responsabili Ema. Ieri Marco Cavaleri, responsabile della strategia vaccinale dell’agenzia, in un’intervista al Messaggero ha detto che «c’è una associazione con il vaccino» riguardo ai casi di trombosi, prima di affermare che «le giovani donne, spesso protagoniste dei casi di trombosi, patiscono meno l’effetto del Covid» e che «dovremo valutare dunque il rapporto rischi-benefici per loro». Parole molto diverse da quelle della direttrice dell’Agenzia, l’irlandese Emer Cooke, che sette giorni fa aveva espresso dubbi sul legame tra vaccino e trombosi e soprattutto aveva invitato alla cautela prima di indicare nelle giovani donne una categoria a rischio.

IN POCHI MINUTI, le parole di Cavaleri hanno messo in agitazione i sanitari di mezza Europa, sebbene l’esperto non abbia citato nuovi dati e, per dirla tutta, all’Ema non si occupi nemmeno di farmacovigilanza. L’Ema è corsa ai ripari, affrettandosi a spiegare di «non aver ancora raggiunto una conclusione e che la discussione è tuttora in corso». Ma non è bastato. Le voci di imminenti nuovi stop alle vaccinazioni si sono susseguite in tutto il continente, Italia compresa. Si è vociferato di vertici d’emergenza all’Agenzia Italiana del Farmaco, prima che il ministero chiarisse che «il confronto tra il ministero della Salute e l’Aifa è costante e le interlocuzioni tecniche sulla campagna vaccinale si svolgono con regolare frequenza», dunque «non vi è in programma alcun vertice specifico».

Il viceministro alla salute Pierpaolo Sileri ha spiegato che a prendere decisioni sarà prima di tutto l’Ema. «Se l’Aifa dà una linea, la Germania un’altra, poi si fa confusione. È a livello centrale dell’Ema che vanno date le indicazioni». Ma anche lui non ha resistito alla tentazione dell’anticipazione, indicando come soluzione più probabile «limitazioni per età o raccomandazioni per determinate fasce d’età per via di una complicazione estremamente rara in soggetti giovani di sesso femminile».

Voci di nuove restrizioni hanno riguardato anche il Regno Unito, il cui governo finora era sembrato assai meno allarmato di quelli europei. Secondo il canale tv Channel 4, Londra starebbe per limitare al di sopra dei 30 anni di età la somministrazione del vaccino AstraZeneca. «Nessuna decisione è stata presa sul piano normativo», ha precisato June Raine, direttrice dell’agenzia regolatoria inglese Mhra.

CON QUESTO CLIMA, anche per i navigati esperti dell’Ema potrebbe essere difficile decidere in serenità se poche decine di casi di trombosi cerebrale su milioni di vaccinazioni siano sufficienti a cambiare le raccomandazioni sull’uso del vaccino su cui l’Unione ha puntato di più, opzionandone 400 milioni di dosi. Il compito già non era facile. L’unica ipotesi in campo sul meccanismo che scatenerebbe la reazione avversa, avanzata dai medici dell’istituto tedesco «Paul Ehrlich», non è presa molto sul serio dalla comunità scientifica. Nemmeno il confronto tra il numero di trombosi cerebrali con o senza vaccino è così immediato. Gli esperti devono confrontare i dati raccolti nelle sperimentazioni, l’incidenza rilevata nella popolazione generale prima delle vaccinazioni e le segnalazioni di possibili effetti avversi inviate dai medici europei all’Ema. Ma ciascuna base di dati ha le sue limitazioni.

Ai test clinici hanno partecipato alcune migliaia di persone, poche per rilevare casi che si verificano in circa una persona su centomila. L’incidenza nella popolazione generale è nota solo grazie a una ricerca italiana sulle cause di morte, che ha forti margini di incertezza. Anche le segnalazioni degli effetti avversi delle vaccinazioni sono molto variabili per ragioni culturali: dall’Olanda arrivano sei volte più segnalazioni che dalla Germania, nonostante una popolazione cinque volte più piccola.