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Le vite a izquierda dell’Europa. L’assalto di Podemos

Le vite a izquierda dell’Europa. L’assalto di PodemosPablo Iglesias, leader della spagnola Podemos

Sinistra La predominanza della comunicazione e l’illusione della politica dal basso. Sull’ultimo numero di Micromega, Pablo Iglesias ne parla con il professore Fernando Vallespin

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 25 ottobre 2015

Dice Pablo Iglesias che la scintilla – per lui e per gli altri fondatori di Podemos – si è accesa durante le manifestazioni degli Indignados nel 2011. Ma quello che li colpì non furono tanto le migliaia di persone in piazza a rappresentare «la frustrazione politica delle nuove classi medie». O meglio non solo quello. L’idea di Podemos, infatti, nasce al pensiero «dei milioni di telespettatori che seguivano quegli avvenimenti sugli schermi televisivi». Con questa osservazione, o intuizione, Podemos stabilisce un assunto chiave per la propria storia: «Lo scenario politico più importante è quello della comunicazione».

Si potrà pure pensare e sostenere che Podemos sia populista, bizzarro nella sua attenzione alla comunicazione, irritante quando insiste sulla inutilità di una differenziazione statica tra destra e sinistra. Ma in un dibattito sulla sinistra europea bisogna pur tenere conto di due elementi che provengono da quella esperienza: i suoi leader sono cresciuti politicamente nel post 1989 e nella loro esperienza politica hanno visto la sinistra compiere solo la parabola della sconfitta: «Dal momento della sua nascita – spiega Iglesias – Podemos attacca la sinistra, mette in evidenza che la sinistra non ha capito nulla».
In secondo luogo i teorici di Podemos si sono confrontati fin da subito con un’apparente contraddizione nella volontà e nell’affermazione di voler gestire potere e conflitto, governo e scontro sociale, compromessi e improvvisazioni.

Questi due elementi emergono in modo preciso nella chiacchierata tra Pablo Iglesias, leader di Podemos e candidato premier in Spagna, e il professore Fernando Vallespin sull’ultimo numero di Micromega dedicato proprio all’«Europa in debito di sinistra». Nel volume sono ospitati interventi di politici e studiosi (Alain Touraine, Ada Colau, Amador Fernandez-Savater tra gli altri) che provano a interrogarsi sull’entità della sinistra in Europa, focalizzandosi su alcuni punti, o meglio interrogativi, piuttosto precisi: è possibile considerare l’Europa come il terreno comune di uno scontro politico e delle lotte sociali, è possibile coniugare uno sforzo popolare ed egualitario in un sistema politico-economico che ha mostrato il suo volto più duro – e i limiti oggettivi di un governo di sinistra in un ambiente politico ostile – nella vicenda in cui è stata completamente isolata la Grecia? Ma si tratta anche, e principalmente, di capire – come stiamo facendo sulle pagine del manifesto – se «c’è vita a sinistra» e come si intende e cosa può significare una battaglia politica di sinistra all’interno dell’Europa. Secondo Flores d’Arcais, lo scrive nell’introduzione, è il tema dell’eguaglianza a costituire un elemento di riformazione di una sinistra comune nel Vecchio continente. «Syriza, Podemos, Corbyn, Sinn Féin, per taluni aspetti il Movimento 5 Stelle, veicolano il ritorno dell’aspirazione all’eguaglianza».

Si tratta di articolare e Iglesias nella sua discussione con Villespein pone sul tavolo alcuni punti che costituiscono al contempo una precisazione sulle proprie modalità e idee, e motivazioni e metodi che potrebbero essere utili anche per altre formazioni politiche. Villespein a un certo punto dell’intervista, coglie una caratteristica essenziale del movimento spagnolo: Iglesias, e Podemos, sono «machiavellici» nel loro agire e il leader della formazione politica è insolitamente sincero su Micromega quando mette bene in chiaro tre cose in particolare (che specifica non direbbe mai a un giornalista): l’importanza e la predominanza della comunicazione sulla politica, l’illusione della politica del basso e dei piccoli passi e la necessità-volontà di apparire post ideologico (post 1989, tema ricorrente).
Iglesias specifica infatti che Podemos ha pensato a un vero e proprio blitz, «un assalto a partire dalla nostra ipotesi secondo la quale ci volesse innanzitutto una leadership» politicizzando dall’alto un movimento sociale già in atto. I motivi di questo «posizionamento» di Podemos non sono casuali, anzi, sono il frutto di un ragionamento a tavolino di quelli che Iglesias definisce «politologi frustrati, provenienti dalla sinistra che mescolano le loro aspirazioni di militanti di sinistra con le proprie conoscenze teoriche che li portano a un pessimismo dell’intelligenza». Così come sono il risultato storico del particolare processo democratico spagnolo, dove – ad esempio al contrario della Grecia – «non c’è modo che l’elemento nazionale si trasformi in un significante unico di rivendicazione, non esiste qualcosa come una sottocultura di valori, non c’è niente».

C’è poi un altro elemento particolarmente intrigante: Iglesias, come Flores d’Arcais, cita più volte il M5S, come espressione politica capace di fare più o meno quanto ha fatto Podemos in Spagna. Con alcune differenze che forse Iglesias non sottolinea a sufficienza (aprendo a possibili collaborazioni). Il processo dall’alto, di cui parla Podemos, nel caso dei 5 Stelle non è arrivato da un nucleo di persone di «sinistra» (vedi gli scivoloni ricorrenti sul tema dell’immigrazione) e anzi può essere visto come un argine «gentista» a movimenti più radicati a sinistra; inoltre mentre quello dei 5 Stelle è un movimento (ancora) con due padroni che posseggono proprietà (simbolo e sito del partito ad esempio), Podemos è un partito con una leadership forte, ma non proprietaria del movimento.
Nel numero di Micromega si trova anche un’intervista a Martina Anderson, «tredici anni trascorsi in carcere dopo la condanna per ‘cospirazione armata’», che a Giacomo Russo Spena spiega le ragioni dell’inaspettato successo del Sinn Féin, che oggi si appresta a diventare un partito di notevole importanza anche nell’Eire. La parlamentare europea spiega la natura del partito e non si può non notare una differenza immediata proprio con Podemos, quando Anderson spiega che «i nostri militanti sono impegnati sul territorio, siamo tra la gente e costruiamo quotidianamente pratiche di mutualismo e solidarietà dal basso». Due modi di intendere l’occupazione dello spazio politico, ma entrambi concentrati sulla volontà di governo.

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