Sara Said è senza parole per l’accoglienza che il governo italiano ha concesso al nuovo faraone. Da anni in Italia, è tra i sostenitori del Comitato Libertà e Democrazia per l’Egitto, che ha organizzato la manifestazione di domenica a Roma contro la visita del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi in Italia. «È stata la più grande contestazione che abbiamo organizzato, eravamo centinaia. Siamo stati fermi in piazza della Repubblica dove alloggia Sisi e abbiamo marciato lungo via Cavour», ci ha spiegato Sara. «Manifestiamo contro il governo italiano che ha ospitato un dittatore assassino», ha aggiunto. Secondo questa attivista che difende la legittimità dell’ex presidente Mohammed Morsi, «Sisi è responsabile di aver rubato la libertà a milioni di egiziani e di aver azzerato gli sforzi per vivere in un paese democratico».

Stupore ha suscitato tra questi manifestanti l’intervista rilasciata domenica dal presidente egiziano alla stampa italiana in cui dice di voler «garantire la sicurezza di Israele». «Sisi in Egitto accusa i Fratelli musulmani di essere dei sionisti e viene qui a dire l’esatto opposto», conclude la giovane incredula.

Sisi ha incontrato il Papa in Vaticano. E verrà accolto da Renzi dopo la visita del premier italiano al Cairo lo scorso due agosto. Il leader del Partito democratico è stato il primo capo di governo di un paese dell’Ue a riconoscere l’autorità del golpista, mettendo una pietra sopra alla prudenza della diplomazia italiana, nei primi giorni dopo il colpo di stato nel riconoscere le istituzioni ad interim, volute dall’esercito egiziano. Dopo la mediazione del Cairo che ha prolungato il conflitto a Gaza questa estate, anche gli Stati uniti hanno concesso aperture al golpista in seguito alle visite del Segretario di Stato John Kerry al Cairo e al parziale congelamento delle forniture militari all’Egitto. L’incontro con Obama ai margini dell’Assemblea generale dell’Onu a settembre ha confermato il sostegno che Sisi ha ricevuto, non solo da Mosca, ma anche da Washington e ora dalle capitali europee. L’unica voce fuori dal coro è quella del presidente turco Recep Tayyp Erdogan che ieri ha ricordato: «Non c’è alcun paese nella storia politica recente in cui tremila persone siano state uccise in un solo giorno. E invece questo è successo in Egitto».

Dopo mesi al potere, l’unica concessione di Sisi è stata verso il Qatar, dopo la richiesta del re saudita Abdullah bin Abdulaziz al-Saud a porre fine al contenzioso in corso con Doha. Il 20 novembre è stato firmato un accordo tra Arabia saudita, paesi arabi del Golfo e Qatar che ha portato a una riconciliazione dopo lo scontro di otto mesi fa che ha provocato il ritiro degli ambasciatori dei paesi della regione da Doha. Il Qatar poi aveva espulso alcuni esponenti dei Fratelli musulmani dopo aver ampiamente sostenuto la Fratellanza in seguito al golpe del 2013.

Incontrando Sisi, Renzi finge di non sapere che dà legittimità a un uomo con le mani sporche di sangue. L’ex generale è responsabile dei test della verginità su 17 donne che manifestavano in piazza Tahrir (2011), e corresponsabile delle morti di mille egiziani nei 18 giorni di occupazione di piazza Tahrir (2011), delle violenze di Mohammed Mahmud e Maspiro (2011), ideatore del massacro di Rabaa al-Adaweya (2013) e coinvolto nelle morti dei mesi precedenti alle presidenziali del maggio 2014.

Dal golpe, Sisi ha imposto una roadmap che ha condotto all’approvazione di una legge che ha messo il bavaglio alle proteste, di norme contro le ong, sono centinaia i giornalisti nelle carceri egiziane, è impedito di fare politica negli atenei, le elezioni parlamentari sono state cancellate. Non solo, Sisi continua a governare facendo ricorso a decreti presidenziali che estendono a dismisura i suoi poteri. Ha imposto la demolizione di case al confine con Gaza per stabilire una zona cuscinetto, ha ripristinato i processi militari contro i civili. In questi mesi centinaia di esponenti dei Fratelli musulmani sono stati condannati a morte, molte pene sono poi state commutate in ergastolo. Anche Morsi rischia la pena di morte. Ma la responsabilità più grave di Sisi non è l’annullamento delle aspirazioni democratiche in Egitto con la soppressione del maggiore partito di opposizione, è aver creato un modello, ideato da George Bush jr, di lotta dello Stato contro il terrorismo. Questo schema ha motivato il golpe di Khalifa Haftar in Libia, la repressione di Netanyahu su Hamas e su Gaza, l’offensiva dei baathisti con lo Stato islamico (Isis) in Iraq contro il governo eletto di al-Maliki. Insomma Sisi è il principale pericolo per la stabilità del Medio Oriente e non la garantisce, come le cancellerie di mezzo mondo fingono di credere.