Le università nigeriane sono in crisi dopo che il governo ha smesso di pagare gli stipendi a partire dallo scorso febbraio. Oggetto della disputa è l’imposizione al personale accademico di iscriversi al sistema centralizzato di pagamento dei salari (Ippis), già in uso per il controllo amministrativo di altri settori (sicurezza, giustizia, ecc). La decisione nasce dall’esigenza di «migliorare l’efficienza, la trasparenza e la gestione delle finanze delle Università» ha dichiarato il presidente Buhari.

Ma secondo l’Unione del personale accademico (Asuu), il sistema Ippis riduce l’autonomia degli istituti, non tenendo conto di molte attività accessorie del ruolo dei professori, e darebbe luogo a errori nel calcolo dei compensi. Scaduti gli ultimatum di Buhari, la trattenuta dei salari, al quale l’Asuu ha risposto dichiarando il 9 marzo lo sciopero ad oltranza.

«La mia facoltà mi ha chiamato per darmi riso e fagioli. Sta cercando di aiutare i propri membri in modo autonomo. La maggior parte di noi non ha risparmi nemmeno per mangiare» dichiara una professoressa dell’Università di Ibadan. Sebbene quella tra Asuu e governo centrale sia l’ultima di una lunga serie di diatribe, l’attuale crisi del Coronavirus ha accentuato il problema. Da un lato ha messo in secondo piano le istanze del mondo accademico, dall’altro, il lockdown, cominciato il 30 marzo, impedisce ai professori e alle loro famiglie di cercare soluzioni alternative o informali per sostentarsi.

«Il governo sta usando la fame come arma di ricatto per farci sottostare alla sua volontà» spiega il professor Biodun Ogunyemi, presidente dell’Asuu. «Persino i più disagiati riceveranno un aiuto economico per fronteggiare la crisi, e nulla per i professori».

Ad inizio aprile, infatti, il governo ha cominciato la distrubuzione di somme palliative alle famiglie iscritte al Registro nazionale della popolazione vulnerabile. Martedì scorso però, Buhari ha dichiato di voler disporre l’erogazione degli stipendi trattenuti, a patto che gli accademici inoltrino all’amministrazione centrale alcune coordinate bancarie per l’aggiornamento degli attuali sistemi di pagamento.

«Crediamo che sia un modo per ingannarci e trasferire i nostri dati sulla piattaforma Ippis. Fino ad ora questi dati non sono mai serviti per essere pagati. La protesta continua» dice Ogunyemi. La proposta del governo è vista invece di buon occhio dai più giovani tra gli accademici secondo cui i piani alti delle Università traggono ingiusti vantaggi dal sistema localizzato.

Tralasciando i tecnicismi, le università nigeriane hanno una storia, forse eccessiva, di scioperi a oltranza, quasi annuali. Dal 1999 hanno totalizzato più di 3 anni di sospensione dei corsi di studio. Che le università del Paese necessitino di condizioni migliori è certo e ad Asuu va il merito delle conquiste passate.

Con 1095 contagi, 32 morti, 10.431 tamponi effettuati su una popolazione di oltre 200 milioni di persone, la più grande economia dell’Africa non può permettersi adesso questa impasse.